Caro bollette, povertà e inflazione: per il Censis un italiano su 4 è a rischio povertà

Secondo la ricerca "la malinconi è il sentimento oggi prevalente". E l’83,2% non ha più voglia di sacrificarsi per seguire le indicazioni degli influencer

Otto italiani su 10 non sono più disposti a fare sacrifici per cambiare, né per seguire la moda né per fare carriera. È quanto emerge dal 56° Rapporto Censis, per il quale è «la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani». L’83,2% non ha più voglia di sacrificarsi per mettere in pratica le indicazioni degli influencer, l’81,5% per vestirsi alla moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% per sembrare più giovani, il 58,7% per sentirsi più belli. 

Il clima di sfiducia

Il 36,4%, inoltre, non è disposto a sacrificarsi nemmeno per avanzare nel lavoro e guadagnare di più. Un clima generale che arriva dopo la sequenza Covid-guerra-crisi ambientale: pensandoci, l’89,7% degli italiani dichiara che prova tristezza, e il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo. Gli eventi globali influenzano fortemente il sentire degli italiani: l’84,5% è convinto che eventi geograficamente lontani possano cambiare improvvisamente la quotidianità e stravolgere i destini.

I timori per la guerra

 Il 61,1% teme che possa scoppiare una guerra mondiale, il 58,8% che si ricorra all’arma atomica, il 57,7% che l’Italia entri in guerra. Oggi il 66,5% degli italiani si sente insicuro: prima del Covid, nel 2019, la percentuale era 10 punti più bassa. Sul fronte più strettamente economico, gli italiani temono la corsa dell’inflazione e sono convinti che durera’ a lungo: oltre il 64% sta gia’ mettendo mano ai risparmi per far fronte all’impatto dei rincari dei prezzi. 

Il tenore di vita

La quasi totalita’ degli italiani, il 92,7%, e’ convinta che l’accelerata dell’inflazione durera’ a lungo e che bisogna pensare subito a come difendersi. Il 76,4% pensa che non potra’ contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno, il 69,3% teme che nei prossimi mesi il proprio tenore di vita si abbassera’ (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che gia’ detengono redditi bassi) e ben il 64,4% sta ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l’inflazione.

L'inflazione e i redditi fissi

 L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, ricorda il Censis, e’ aumentato nel primo semestre del 2022 del 6,7% rispetto al primo semestre del 2021. Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali del lavoro dipendente a tempo pieno sono aumentate solo dello 0,7%. Ma l’inflazione non solo colpisce i redditi fissi o comunque tendenzialmente stabili nel medio periodo, aumenta anche la forbice della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali: le famiglie meno abbienti si confrontano con un incremento medio dei prezzi pari al 9,8%, mentre per le famiglie piu’ agiate l’aumento e’ del 6,1%, quasi 4 punti percentuali in meno.

I beni essenziali

  Nel 2021 le famiglie che vivono in condizione di poverta’ assoluta sono piu’ di 1,9 milioni, il 7,5% del totale. In tutto 5,6 milioni di persone, pari al 9,4% della popolazione: 1 milione in piu’ rispetto al 2019.  Si tratta di individui impossibilitati ad acquistare un paniere di bene e servizi giudicati essenziali per uno standard di vita accettabile. Di questi, il 44,1% risiede nel Sud e nelle isole. C’è poi il fronte delle aziende, colpito dalla crisi energetica.

Il fronte delle aziende

Sono 355.000 le aziende (l’8,1% delle imprese attive) che potrebbero subire un grave squilibrio tra costi e ricavi a causa del caro-bollette.  La gran parte delle imprese (l’86,6%) si colloca nel terziario, una parte minore (il 13,6%) nel settore industriale. Le criticita’ interessano 3,3 milioni di addetti (il 19,2% del totale), di cui il 74,5% nel settore dei servizi (2,5 milioni di addetti) e il 25,5% nell’industria (850.000 addetti). Se si verificassero gli esiti gia’ osservati nelle passate ondate di crisi, secondo il Censis, sarebbero ancora una volta le microimprese a soffrire di piu’. 

Il taglio delle attività

Tra il 2012 e il 2020 le imprese attive si sono ridotte di 15.000 unita’. Il saldo negativo deriva dal calo nella classe di addetti fino a 9 unita’ (-18.115), mentre le altre classi dimensionali presentano, all’opposto, saldi positivi, soprattutto nella dimensione 50-249 addetti (+2.225 imprese)..