ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

The Cure, la gran forza del Gothic Rock

Martedì e mercoledì due serate di seguito al Forum di Assago, già sold out

Robert Smith, leader dei The Cure

 

Assago (Milano) , 1 novembre 2016 - Con “Pornography” hanno fatto la storia del dark rock così come i Bauhaus con “In the flat field”, i Joy Division con “Unknowm pleasures”, Siouxie & The Banshees con “The scream” o i Cult con “Love”. Loro sono i The Cure e per due notti - oggi e domani - approdano tra le gradinate di un Forum esaurito da settimane con la forza (oscura) di hit generazionali come “Pictures of you”, “In between days”, “Boys don’t cry”, “Friday I’m in love”, “Why can’t I be you”, “Close to me”. Preceduti in scena dai supporter Twilight Sad, Robert Smith e compagni tornano a Milano nel ricordo del formidabile concerto a Rho di quattro anni fa sotto l’egida dell’Heineken Jammin’ Festival. Gothic rock ai suoi massimi livelli, grazie alla forza di un muscolosissimo repertorio anni Ottanta-Novanta e alla presenza in formazione dell’ex Tin Machine Reeves Gabrels, ex allievo del Berklee College of Music di Boston con un parco di collaborazioni che va da John Scofield ai Public Enemy, al Bowie di “Outside”, “Earthling” ed “Hours…”. L’attenzione di Smith, Simon Gallup, basso, Jason Cooper, batteria, e Roger O’Donnell, tastiere per le esibizioni live è sempre stata massima. “Sappiamo di avere un pubblico che non viene semplicemente ad assistere ad una performance, ma prende parte direttamente allo spettacolo - spiega l’uomo che ha ispirato a Tim Burton il suo Edward Mani di Forbice e a Paolo Sorrentino quel Cheyenne interpretato in “This must be the place” da Sean Penn - Sembrano i tifosi di una squadra in trasferta. Per questo siamo tenuti a dare loro il meglio ogni sera”.

Difficile trovare la maestosa forza visionaria di una pietra filosofale della produzione Cure quale “Disintegration” o il pop galeotto di “Kiss me, kiss me, kiss me” in lavori degli anni Duemila della formazione inglese quali “The Cure” o “4:13 Dream”. I primi a capitrlo sono stati proprio loro che, interrompendo la pratica di dare alle stampe un disco ogni quattro anni, hanno deciso di rimanersene fermi discograficamente fino a che non avranno in mano tutte le carte giuste per giocare al meglio una nuova mano. Tanto a garantire ci pensa il carisma di Mr. Smith, rockstar dalle buone letture e dalla granitica fedeltà coniugale alla moglie Mary Poole, un riferimento per le sue astrazioni artistiche, come Charles Baudelaire, Samuel Taylor Coleridge, Franz Kafka o Dylan Thomas. Fin dai tempi, antichissimi, di quella “Killing an arab” ispirata a “L’Étranger” di Albert Camus, sono innumerevoli, infatti, i legami letterari della produzione Cure, concepita su testi scritti da Smith per lo più in maniera indipendente rispetto alla musica. “Forse quando siamo comparsi sulla scena eravamo post-punk, ma poi le nostre canzoni si sono evolute fino a sfuggire ad ogni classificazione -assicura - Così io in scena io suono solo la musica dei Cure. Qualsiasi essa sia”.