Enrico Fovanna
Cultura e Spettacoli

Tenore malato di Sla scrive la sua storia con un puntatore ottico: e sono 520 pagine di buonumore

Con un passato recente alla Fenice di Venezia, Dario Meneghetti ci insegna quanto sia prezioso ogni istante che ci sia concesso di vivere e come la gioia si possa ritrovare anche nel dolore

Un'immagine di Dario Meneghetti dal letto in cui ha scritto la sua biografia

Milano - Colpito, una decina di anni fa, da Sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ha scritto la sua storia in 520 pagine con un puntatore ottico. E che storia. Esce in libreria “Una pinta di Nuvole“ di Dario Meneghetti, Ronzani Editore, autobiografia irriverente e poetica dell’ex tenore del Teatro alla Fenice di Venezia. Un fluviale memoir, per la cui stesura l’autore ha impiegato quattro anni, senza ricorrere ad altro aiuto che a quello del puntatore ottico, utilizzando uno stile tragicomico che unisce, con sensibilità rara, il dramma della malattia ad uno sferzante umorismo.

In un susseguirsi di avventure tragicomiche al limite del surreale e con un linguaggio scoppiettante e spesso irriverente, “Una pinta di nuvole“ racconta le ascese e le cadute di un ragazzo che combatte per trovare il suo posto nel mondo, un ragazzo cresciuto nella Venezia degli anni Novanta, quando la città era vissuta come un palcoscenico su cui esibirsi solo se tutta la compagnia sta sul palco. Scrive nella fascetta lo scrittore Fulvio Ervas: “Questo libro vi mostrerà che avere parole luccicanti aiuta a navigare nell’oceano della vita, anche quando vi siano grandi onde e forti venti. Leggetelo, vi riempirà di sorrisi”.

Bruna Graziani, curatrice del libro e direttrice della collana Carvifoglio di Ronzani Editore racconta più a fondo cosa ha significato questa avventura editoriale: “Scrivere 800 cartelle editoriali con il puntatore ottico è una sfida da eroi, e Dario l’ha affrontata e vinta“. Per la curatrice “è la dimostrazione che la scrittura può accompagnare e ricreare i tuoi giorni, anche quando sei costretto in una stanza e puoi comunicare solo con il movimento degli occhi. È, per me, editor, espressione di valore letterario. Meneghetti ha una scrittura irriverente, provocatoria, autoironica ma estremamente colta e raffinata. Sa ridere di se stesso e delle assurdità dell’esistenza, sorprendendoti per profondità e intensità espressiva“.

Libro e autore danno molto. Senza vittimismo o autocompiacimento, insegnano ad attribuire alla vita il valore che merita, “e anche che scrittura e volontà portano lontano e tutto possono, se solo si è fortemente motivati a esercitarle, come ogni giorno fa Dario». Agli episodi esilaranti si alternano dunque quelli dedicati alle riflessioni a tratti struggenti, di una poesia e di una intimità che toglie il fiato. Un estratto: «Domani arrivano quelli della bilancia, sono curioso di capire come faranno a pesarmi. Mi appenderanno come un enorme pesce? Speriamo di sì, mi gratifica essere come un pregiato pinna gialla".

"Da quando ho scoperto che riesco ancora a mandare giù il gelato – continua –  ci ho dato dentro; che sensazione incredibile, dopo due mesi che non mangiavo più, è forse l’unica volta che ho ingranato la retromarcia. Non mi illudo, lo vedo il filo spinato delle mie ossa, le ginocchia sono più grosse delle cosce, quando mi stendono sul fianco le placche ossee prive di strato adiposo cocciano, e il trocantere sporgente non mi fa dormire dai dolori, nonostante il materasso antidecubito“.

“Non c’è bisogno dei raggi x - aggiunge l’autore - le mie ossa sono a vista. Ma non va malissimo. Non so cosa ci possa essere di peggiore, non voglio saperlo, tutto sommato mi sono ammalato in un’epoca tecnologica, che culo eh. Posso parlare grazie al computer, non è il massimo ma non riesco a pensare a quanti hanno dovuto fare senza. Posso scrivere e fare una serie di cose che danno significato a questa condanna. Posso persino trovare me stesso, nel mio lebensraum, una parte sconosciuta, che forse non avrei sentito la necessità di esplorare". 

Dario Meneghetti (San Donà di Piave, 1970) immerso fin da piccolo in un ambiente familiare dedito alla musica e all’arte, ha frequentato il Conservatorio di Venezia Benedetto Marcello (Il violino, lo strumento principale). Ha studiato canto lirico con il Maestro Antonietti e con i Maestri Rosetta Pizzo e Francesco Signori ed è stato tenore nel coro del Teatro La Fenice. Nei primi anni Novanta fonda la fanzine «Limbranauta» raccolta di temi che analizzano il reale alla luce dell’autoironia e del nonsense. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie e “Una pinta di nuvole” è la sua prima opera di narrativa.