Stefano Bollani a Napoli con Renato e Daniele

“Napoli Trip” di Stefano Bollani è una sfida diagonale sul tema della tradizione napoletana, autentica e ricomposta di MARCO MANGIAROTTI

Stefano Bollani

Milano, 3 giugno 2016 - Qui c'è trippa per tutti. Scurdatevi ‘o passato, Italia e Brasil. Il trio danese e la Rapsodhy in Blue. “Napoli Trip” di Stefano Bollani è una sfida diagonale sul tema della tradizione napoletana, autentica e ricomposta, partendo dalla luce nordica di “’Nu quarto ‘e luna” e proseguendo per un folk jazz che contamina acustico ed elettrico, cambia di continuo la geometria del progetto, simula una scrittura classico napoletana che affonda nei secoli e nei bassi per chiudere in loggione. Il suono della storia, “Maschere”, “Vicoli”, “Sette”, per seguire la traccia delle sue composizioni originali, in processione sopra e sotto la città, all’ombra dei suoi antichi segreti. Certo, poi c’è pure Renato Carosone e persino Pino Daniele, ma il baricentro è nel quartetto con il polistrumentista etno jazz Daniele Sepe, il clarinettista (anche basso) Nico Gori e nel batterista francese Manu Katchè. Affascinante Stefano al Fender Rhodes, da alunno di Miles, la verticaltà del clarinetto basso, l’andamento alla “Jitterburg Walltz” (Dophy version) di un tema firmato da Sepe, “Il valzer del Cocciolone”. “Lo choro di Napoli” è un tranfert brasiliano in trio, sax tenore, clarinetto e piano. “Il bel ciccillo” un’altra sintesi fra folclore e Novecento per un ensemble di fiati. “Apparentemente” è per Rhodes e batteria, “Putesse essere allero” di Daniele e “’O sole mio” affidati alle dinamiche soprendenti del suo piano. Ha detto: «Napoli è una città che emana un’energia sotterranea incredibile. Ho cominciato ad amarla con i dischi di Carosone, un personaggio che sapeva fare tutto: teatro, guidare un gruppo, scrivere grandi canzoni ed essere anche una persona seria».

Progetto internazionale, “Napoli Trip” lucida l’anima di “Caravan Petrol” solo al piano, come Carosone, reinventa “’O guappo ‘nnamurato” di Raffaele Viviano per flauti e legni, pianocaps. “Reginella” di Libero Bovio è stata registrata a Rio con bandolim di Hamilton de Hollanda. “Ero in studio con Chico Buarque. Un giorno lui va alla partita di calcio, così io e Hamilton abbiamo deciso di inciderla». Bollani si diverte a cantare “Guapparia 2000” dell’amico Lorenzo Hengheller, affida “Sette” a Jan Bang, “ho aggiunto solo il pianoforte alla fine”. Come in un disegno del classico Grand Tour. Qui si parte da Scarlatti, si salta De Simone per Osanna e Showmen, grazie al sax di Sepe, che arrangia pure e dirige quando serve. I clarinetti di Gori sono un contrappunto felice (“Napoli’s blues”). Prossima fermata, forse, Buenos Aires.