Milano, Skunk Anansie domani sera all'Alcatraz

Skin, la leader del gruppo, torna sul palco. "Sono nera, gay e sempre in prima linea nella lotta alle discriminazioni"

La storica formazione degli Skunk Anansie: seconda da destra la londinese Skin, Deborah An

La storica formazione degli Skunk Anansie: seconda da destra la londinese Skin, Deborah An

Il tempo passa per tutti e fra poco più di settecento giorni gli Skunk Anansie festeggeranno trent’anni di carriera. Evento da celebrare con un nuovo album e un nuovo tour a cui la band inglese si prepara tornando (finalmente) sulla strada per recuperare i concerti insabbiati dalla pandemia con i festeggiamenti di quel venticinquennale passato ormai da un pezzo.

"Sono convinta che la cosa più difficile dell’essere una band, in particolare una rock band, sia mantenersi; ci sono, infatti, momenti in cui hai singoli di successo, ma poi quasi sparisci dalle cronache" ammette Deborah Anne Dyer, universalmente nota come Skin, in scena domani sera all’Alcatraz con i compagni di sempre Martin "Ace" Kent alla chitarra, Cass Lewis al basso e Mark Richardson alla batteria. "Siamo sicuramente una delle band live di maggior successo uscite dall’Inghilterra, eppure non si parla assolutamente di noi con la stessa reverenza delle altre formazioni degli anni Novanta che, fra l’altro neppure ci sfiorano quanto a messaggio, presenza scenica e varietà artistica" prosegue l’ex ragazza tranquilla di Brixton tramutata dal successo nella pantera di "Charlie Big Potato" che nel corso della carriera ha celebrato l’80° compleanno di Nelson Mandela fianco a fianco con Michael Jackson, Nina Simone e Stevie Wonder, e ha duettato con Pavarotti a Modena per il Dalai Lama, ma ha anche venduto con gli Skunk Anansie oltre 5 milioni di album.

"Sono nera, gay e sempre in prima linea nella lotta alle discriminazioni. Anche se è difficile da spiegare che il mio lavoro non sarebbe quello di mettere in guardia le persone da sessismo, razzismo e omofobia perché certi anticorpi la gente dovrebbe averli già. Il mondo peggiora, ma noi non ci arrendiamo". "Piggy", il singolo del ritorno dopo due anni di silenzio, è uno dei brani più aggressivi che la band abbia mai realizzato: un inno anticapitalista tagliente come una lama. "Ho scritto i testi sulla metropolitana di New York mentre andavo in studio a registrare", spiega Skin. "Parla del mondo come lo vedo in questo momento attraverso un personaggio orwelliano che sembra uscito da ‘1984’ con la sua fame di potere, di denaro e di controllo della società".