GRAZIA LISSI
Cultura e Spettacoli

Se la musica è anche queer. Ciammarughi legge Eastman: "La bellezza e il messaggio"

Già autore del dirompente volume “Non tocchiamo questo tasto. Musica classica e mondo queer” (Curci edizioni), Luca Ciammarughi (foto)...

Già autore del dirompente volume “Non tocchiamo questo tasto. Musica classica e mondo queer” (Curci edizioni), Luca Ciammarughi (foto)...

Già autore del dirompente volume “Non tocchiamo questo tasto. Musica classica e mondo queer” (Curci edizioni), Luca Ciammarughi (foto)...

Già autore del dirompente volume “Non tocchiamo questo tasto. Musica classica e mondo queer” (Curci edizioni), Luca Ciammarughi (foto) torna a trattare lo stesso tema questa volta da esecutore, insieme ai pianisti Costanza Principe, Francesco Libetta, e Alessandro Stella, nel contesto di Piano City Milano. Stasera alla Fondazione Prada, alle 19, “Gay Guerrilla” di Julius Eastman risuonerà nella versione per quattro pianoforti.

Maestro, perché la scelta di questo brano? "Per la sua bellezza puramente musicale. Eastman ha dato al minimalismo una veste “organica” di straordinario calore emotivo. Questa bellezza però è legata anche a un messaggio umano e politico: afroamericano e gay, Eastman nel 1978 denunciava la xenofobia e l’omofobia portando sulla scena una sorta di Pride musicale. Fu attaccato violentemente da molti: John Cage, per esempio, contestò alcune sue performance, accusandolo di “sessualizzare” la musica e di non aver nulla da dire, al di fuori della rivendicazione omosessuale. Oggi sappiamo che non è così: la sua musica ha un valore intrinseco notevole".

Eastman fu pianista e compositore, cantante, danzatore e coreografo. Nel suo eclettismo possiamo leggere qualcosa di profetico? "Certo, in un’epoca in cui la specializzazione dominava lui era un artista a tutto tondo. Interpretò il “re pazzo” negli Eight Songs for a Mad King, capolavoro di Maxwell Davies. Nel suo percorso incrociò miti della sua epoca: studiò piano con Horzowski, collaborò con Pierre Boulez, fu al centro di una New York che sprizzava creatività da ogni poro. Tuttavia, l’assunzione esplicita della sua “diversità” non gli giovò: fu marginalizzato e cadde vittima di un processo auto-distruttivo, che comprendeva la dipendenza da droghe. Nel 1990, a 49 anni, morì come un clochard, probabilmente per le conseguenze dell’Aids".

Mettere l’accento sulla vita privata dei compositori non è un rischio? "L’opera d’arte ha una sua autonomia e dovrebbe poter vivere di vita propria. Non sono certo favorevole agli eccessi “woke”. Al contempo, alcune dinamiche vanno smascherate: oggi abbiamo molti più strumenti per comprendere il passato e capire che il successo o l’insuccesso di un artista possono dipendere da mille fattori, come il carattere, la diplomazia o semplicemente la fortuna. Sta a noi capire quando è il caso di rivalutare un compositore, e in tal senso il talento è la componente fondamentale".

Ha altri progetti imminenti legati a questi temi? "Al festival Trame sonore di Mantova, il 30 giugno presso Palazzo Te, suonerò musiche di compositori e compositrici: il pubblico dovrà indovinare se la musica è stata scritta da un uomo o da una donna. Il risultato potrebbe essere sorprendente!"