STEFANIA CONSENTI
Cultura e Spettacoli

Mario Giacomelli, poeta di immagini. Viaggio nella sua visione del mondo

Palazzo Reale accoglie una ricca collezione delle sue opere in occasione del centenario della nascita

Palazzo Reale accoglie una ricca collezione delle sue opere in occasione del centenario della nascita

Palazzo Reale accoglie una ricca collezione delle sue opere in occasione del centenario della nascita

"L’immagine fotografica nasce da quel che ha creato dentro di me la parola". E ancora: "Vedo le immagini del poeta ma poi cerco emozioni nuove". Difficile definire con un solo aggettivo la poliedricità artistica di Mario Giacomelli, “fotografo e poeta“ in mostra con oltre trecento foto a Palazzo Reale (sino al 7 settembre), e in contemporanea anche a Palazzo delle Esposizioni a Roma.

Un omaggio in occasione del centenario della nascita, per celebrare il grande maestro della fotografia italiana, volutamente, spiegano i curatori Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli, nipote di Mario, in due sedi "per approfondire le sfaccettature del suo lavoro, quindi mostrare da un lato quanto sia stato vicino alle ricerche artistiche a lui coeve partendo dagli anni Cinquanta ad oggi (nella mostra di Roma) e dall’altro (a Milano) il suo centrale rapporto con la parola, con la poesia". Usa la fotografia, "ma non le leggi della fotografia, ne stravolge completamente il linguaggio, ne crea uno ex novo, tratta la fotografia come se fosse pittura", racconta Katiuscia Giacomelli.

Qui il pubblico scoprirà quindi un Giacomelli non solo fotografo, ma artista, figura centrale nel panorama artistico e culturale del Novecento, capace di costruire un ponte tra fotografia, pittura, poesia e scultura, dimostrando una visione che continua a ispirare nuove generazioni di artisti e osservatori. Giacomelli controcorrente, e coerente sino all’ultimo rispetto ai suoi inizi, poco amante delle mode, resterà sempre nella sua Senigallia.

In mostra i visitatori riconosceranno subito le foto più note, quegli scatti della serie Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961/63), ispirata alla poesia di Padre David Maria Turoldo, il cui titolo diventa emblema visivo e concettuale di un’opera intensa e senza tempo. Le immagini dei giovani seminaristi, sospese tra innocenza e inquietudine, movimento e contemplazione, trasformano il quotidiano in una danza tra laico e spirituale.

Segue una sala che celebra il tema dell’amore, dove la serie Passato ispirata dai versi di Vincenzo Cardarelli viene accostata al quella nata dalle suggestioni di Caroline Branson da Spoon River di Edgar Lee Master. Ricchissima la mostra. Viene poi celebrata la collaborazione con il poeta Francesco Permunian. Giacomelli costruisce un contrappunto visivo alle poesie Ho la testa piena, mamma (1994/95) e Il teatro della neve (1984/86).

Le immagini diventano eco delle parole, in un dialogo tra versi e fotografia, tra sogno e realtà. Il percorso espositivo si conclude con due opere della maturità, espressione di un’arte sempre più essenziale e profonda: Ninna nanna (1985/87), ispirata a Leonie Adams, e Felicità raggiunta, si cammina (1986/88), nata dai versi di Eugenio Montale. Qui, il linguaggio di Giacomelli raggiunge una sintesi massima, trasformando la fotografia in pura emozione poetica, "un ultimo, intenso sguardo sul mistero della vita".