
Il concept album non l’hanno certo inventato i Casino Royale. Ma l’idea di recuperare quella formula gloriosa (e per...
Il concept album non l’hanno certo inventato i Casino Royale. Ma l’idea di recuperare quella formula gloriosa (e per alcuni obsoleta) nella sua nuova produzione discografica “Fumo” regala alla band milanese una visione anni Settanta capace di emanciparla dagli stilemi del disco infarcito di “feat” o di brani “catchy” imperante al momento. Avrà modo di accorgersene domani sera all’Idroscalo il popolo del MiAmi Festival, dove Alioscia Bisceglia & Co. approdano per offrire un primo assaggio di questa nuova fatica. "L’idea è stata, infatti, quella d’immaginare il disco come fosse un racconto", spiega il frontman. "Considerarlo una specie di pagina bianca su cui scrivere il primo capitolo e poi via via aggiungere gli altri fino al completamento della storia dando spazio alle parole attraverso il respiro della musica". Il turibolo che sulla copertina di questa nuova fatica discografica spande i suoi fumi nel vuoto incensa un momento molto particolare della band, che ha atteso quattro anni per dare un successore a “Polaris”.
"Casino Royale vive una quotidianità pure diversa dal chiudersi in studio in cerca d’ispirazione, tant’è che ‘Fumo’ è la sintesi di soli sei incontri fra noi nati dall’urgenza di dire alcune cose. Questo perché a me serve un po’ di tensione per scrivere. Appartengo, infatti, alla categoria di quelli che, come diceva Luigi Tenco a chi gli chiedeva perché scrivesse canzoni tristi, quando stanno bene escono di casa con gli amici. Anzi, io li ricevo nel mio locale, dove pulisco pure i tavoli e servo da bere". In replica a Cremona l’11 luglio, nella cornice del Tanta Robba Festival, lo show dei Casino Royale scava tra le pieghe di un album che si guarda attorno senza tralasciare i legami familiari. "Oltre ad avere una figlia di venticinque anni, ne ho una di sette, Anina, che chiude l’ascolto di ‘Fumo’ recitando una specie di filastrocca. Un modo per riallacciare il rapporto fra generazioni poi non così distanti, visto che noi abbiamo la pecca di essere genitori mai cresciuti del tutto e loro di essere avanti coi tempi". Insomma, un disco che s’è creato strada facendo, molto cinematico, ma anche vicino al dna di Casino Royale, "molto dub, molto inglese, molto da sound system, spinto dal desiderio di cercare un contatto per recuperare un’idea di comunità, una voglia di dialogo, capace di farci sentire meno soli e sottrarci alle paure dei tempi su cui soffiano quanti che da questo stato di cose hanno tutto da guadagnare". Nessun timore di debuttare con un album del genere sul palcoscenico di un festival. "Se qualche dubbio l’abbiamo avuto è stato fino al quarto giorno di prove, quando ci siamo resi conto che questa sorta di Frankenstein messo in piedi per il pubblico funzionava. Certo, avremmo preferito debuttare un po’ più lontano dai riflettori, ma come fai a dire di no all’invito del MiAmi?". An.Spi.