ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Sananda sul palco di piazza Castello: ricomincio da me

Il musicista newyorkese: "Finalmente in pace con me stesso..."

Sananda Maitreya ospite della redazione de Il Giorno (Newpress)

Milano, 11 luglio 2018 - Se nella visione mitologica che Sananda Maitreya ha della vita, il successo del clamoroso album di debutto «Introducing the hardline according to Terence Trent D’Arby» ha finito col trasformarsi nella catena che lo teneva imprigionato alla roccia della celebrità, l’ultima fatica «Prometheus & Pandora» libera il titano che gli sia agita dentro e che il 17 luglio lo deposita sul palco di Piazza Castello, a Milano, nella prestigiosa cornice dell’Estate Sforzesca. Il tour parte domani (e venerdì) da Genova, recuperando brani pure degli album incisi negli anni Novanta, con cui il musicista newyorkese è tornato a pacificarsi così come ha spiegato ieri al Giorno assieme alla moglie Francesca Francone, madre dei suoi due figli. «La scomparsa di tanti amici come Witney Houston, Michael Jackson, George Michael, David Bowie, Tom Petty, ha cambiato la mia visione del futuro, ho capito che dovevo riconciliarmi col passato» ha spiegato. «La perdita di Prince, poi, l’ho presa come un lutto di famiglia, perché ho sempre guardato a lui come un esempio da seguire».

Perché per “Prometheus & Pandora” ha scelto la formula dell’album triplo?

«Quando tua moglie rimane incinta non sai se avrai un solo erede, due o addirittura tre. A me è successo lo stesso lavorando al disco...».

Tre “figli” molto diversi perché Prometheus raccoglie canzoni energiche, «Pegasus» quasi tutti strumentali, e «Pandora» brani piuttosto femminili.

«Quando mi sono reso conto che il progetto era impegnativo, ho iniziato a dividere mentalmente le canzoni in tre contesti diversi. E per dare voce a Pandora ho chiamando Luisa Corna con cui sono amico da una ventina d’anni. Lei e i varesini Sugar Plum Pharahos li avrò accanto pure in tour».

Nell’album ci sono 53 brani, quasi tre ore di musica. Come farà a sintetizzarlo nei concerti?

«Questo tour nasce dal desiderio di raccontare ‘Prometeo & Pandora’ e i miei trent’anni di carriera. Un buon equilibro tra la mia discografia del post milleniun rock, per intenderci l’universo musicale sviluppato dall’album ‘Angels & Vampires’ in poi, e le mie primissime cose».

Il mondo è pieno di personaggi che usano l’arte per avere successo, mentre lei, che ha beneficiato subito di un’incredibile popolarità, ha poi usato l’arte per regalarsi una vita normale.

«Ho voluto cercare la verità. Da giovane ero schiavo di un’illusione, correvo dietro alle mie fantasie e facevo parte del circo. Ora vivo il mondo reale».

Verso la metà degli anni Novanta il Terence costruito dall’industria del disco ha iniziato a lasciare sempre più spazio a Sananda, che poi nel 2001 è diventato il suo nome pure anagrafico.

«Sinceramente provo un certo fastidio sentir pronunciare il mio vecchio nome, perché mi porta in uno stato mentale diverso. Quello di un grande artista schiacciato, distrutto, dall’industria che per sopravvivere ho dovuto crearsi una nuova identità. Il mio nome era su una lista assieme a quelli di tanti altri; sono il solo ancora vivo».

Perché?

«I tipi come me a volte rappresentano una minaccia, perché stimolano la gente a riflettere. Così la soluzione più facile è annientarli. Sono, però, riuscito a cambiare la narrazione della mia vita. Ed è stata la salvezza. La resurrezione di Gesù esprime proprio la possibilità che ha ogni essere umano ha di cercare la felicità rigenerandosi».

S’è sposato con Francesca quindici anni fa ad Assisi.

«Un anno prima avevo suonato lì e mia suocera aveva invitato i frati del Sacro Convento al concerto. Per me San Francesco è un riferimento assoluto. E quella basilica un luogo santo. Ho fatto comunione, cresima e matrimonio in un’unica cerimonia».