
Papaleo unisce il teatro alla canzone
Milano, 23 dicembre 2016 - Un musicista alla deriva. Sull’oceano. Assunto su una nave da crociera. Sapore sudamericano. C’è da intrattenere i clienti, mettere da parte le velleità artistiche. Anche se il nostro eroe non sembra averne intenzione. Arriva da lunedì al Franco Parenti «La Buena Onda», con Rocco Papaleo affiancato sul palco dal «capitano» Giovanni Esposito e da una band di quattro elementi. Loro gli autori, insieme al regista Valter Lupo e a Valerio Vestoso. Per un viaggio nel teatro canzone, fra grandi classici e brani scritti dallo stesso attore lucano. Onda su onda. Che a volte è il naufragio a dare la felicità…
Papaleo, cos’è dunque la «Buena onda»? «È prima di tutto un’espressione tipica sudamericana, è il vento favorevole. Se vogliamo anche un augurio, forzando un po’ la mano al significato. Per noi è diventato il nome di questa nave da crociera».
L’augurio sarebbe per il suo musicista in cerca di rilancio? «No, il poverino non si sta rilanciando. È proprio all’ultima spiaggia, in piena deriva artistica. Dopo aver provato a fare il cantautore, ora si ritrova a fare il musicista in mare aperto. Non il massimo, almeno per lui».
Si è mai ritrovato in una situazione simile? «Francamente no. La mia storia è fortunata, non ho mai vissuto quel tipo di declassamento. Anzi, con grande gratitudine nei confronti della sorte, devo dire che la mia è stata una continua crescita, lenta ma costante».
E ora che momento è? «È il momento in cui mi piacerebbe rilanciare. E come sempre il teatro mi aiuta ad avere la giusta attitudine per farlo. Qui permettendomi di sviluppare il teatro-canzone su cui lavoro ormai da una ventina d’anni. Un nuovo step della mia indagine sul rapporto fra musica e parola: mi sposto dal solipsismo monologante tutto incentrato su di me e la mia band, per dividere il palco con un altro attore. Ci sono quindi momenti puramente teatrali, di dialogo e piccoli sketch».
Di cosa le piace scrivere? «Non mi muovo mai da un’intenzione chiara. L’ispirazione può arrivare da una frase, una suggestione. Navigo in mare aperto, come nello spettacolo. Non ho ancora capito il meccanismo della creazione, quale sia l’alchimia. Succede e basta».
In scena fate anche cover? «Sì, il personaggio stesso è costretto a cantare brani di largo consumo. Ma sempre con un certo gusto, una piacevolezza. Parliamo di «Via con me» di Paolo Conte o «Vecchio frac» di Modugno…».