
MATTATORE Renzo Arbore, autore e interprete di tanti successi non solo napoletani
Milano, 1 marzo 2016 - Renzo Arbore oggi debutta a Milano al Nazionale con la sua inseparabile Orchestra Italiana.
Qualche novità in vista?
«C’è sempre qualcosa di nuovo, questa volta allarghiamo a Carosone. Poi è obbligatorio che io faccia le canzoni della televisione e le canzoni napoletane più belle. Immancabili anche le escursioni nello swing e le canzoni della memoria come “Il clarinetto” e “Smorz’e llight”. Insomma a me piace fare uno spettacolo che non sia solo un elenco di canzoni dell’ultimo disco. Voglio dare al pubblico quello che il pubblico vuole, anche se poi i miei dischi vanno sempre molto bene. Per me questo è stato un anno importante, oltre ai dischi è uscito il mio libro “E se la vita fosse una jam session?”, credo sia interessante non tanto per le mie vicende personali, ma per come ho rivissuto le tappe della vita, dagli anni ’60, bellissimi, ai terribili ’70, e avanti».
A proposito di musica napoletana: a Sanremo hanno suscitato molto interesse Rocco Hunt e Clementino. Che ne pensa?
«Mi piacciono molto, sono in gamba. Certo loro fanno musica napoletana, diversa dalla canzone napoletana vera e propria, però tutti e due sono vispi e intelligenti. Trattano i problemi della città, la cantano al meglio in stile rap, che è una maniera di cantare nuova e molto interessante».
E il resto di Sanremo come le è sembrato?
«Direi buono, però forse sono mancate le canzoni a lunga durata. Da tempo chiedo alle istituzioni di prestare attenzione alle canzoni d’autore - penso a Battisti, De Gregori, De Andrè - che sono un’espressione importantissima della cultura del ’900. È una manifestazione talmente straordinaria che meriterebbe di essere insegnata a scuola, tradotta su Internet. Sarebbe un veicolo molto importante per la diffusione della nostra lingua. Io con la mia Orchestra giro tutto il mondo, ma chiedo alle istituzioni di trovare chi possa sostituirmi come operatore culturale per far scoprire agli stranieri la bellezza e la melodiosità della canzone italiana».
Proprio pochi giorni fa Beppe Fiorello ha riportato a Milano il suo spettacolo che parla anche di Modugno. Cosa manca agli artisti italiani di oggi per avere quel successo planetario che Mimmo ottenne?
«Manca l’appoggio delle istituzioni e delle multinazionali discografiche. Manca un operatore che decida di lanciare un’iniziativa adatta a vantaggio della conoscenza della lingua italiana. Io ho imparato l’inglese da Nat King Cole, il francese da Edith Piaf e Yves Montand, lo spagnolo da qualcun altro. Il ministero dei Beni Culturali dovrebbe interessarsene».
Il pubblico più giovane la conosce, la segue, l’apprezza?
«C’è un’elite informata che ha capito che questo lavoro lo faccio con passione e non per tornaconto personale. Sulla rete i miei frammenti sono molto apprezzati e molto scaricati. Al contrario di molti che vengono subissati anche da ingiurie e insulti, io vengo trattato con grande rispetto. Considero la rete una grandissima risorsa, la rete è mia amica, e anche se sotto mentite spoglie la frequento moltissimo. Sono entusiasta di internet».
di PIERO DEGLI ANTONI