ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Pino Daniele e la chitarra di Osvaldo Di Dio. A me me piace ‘o blues (e l’affiatamento sul palco)

La band del grande cantautore partenopeo torna per un tributo nel decennale della sua morte: “Grazie all’improvvisazione dal vivo quasi tutti i pezzi assumono forma dilatata rispetto a quella del disco”

Il chitarrista Osvaldo Di Dio

Il chitarrista Osvaldo Di Dio

E sona mo’… L’anima nera (a metà) di Pino Daniele prende voce e sentimento giovedì a Bergamo sul palco di via Serassi col chitarrista Osvaldo Di Dio e quattro colonne del suono che ha segnato l’epopea di “A me me piace ‘o blues” come Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni e Lele Melotti alla batteria. Vitolo e Jermano a fianco del Mascalzone Latino già dal primo album, De Rienzo dal secondo, Melotti con lui ai tempi della svolta pop di “Che dio ti benedica” e “Non calpestare i fiori nel deserto”.

Portato al debutto a gennaio nella cornice intima del Blue Note per presentare l’omonimo progetto discografico, “Blues for Pino” è nato nel decennale della sua morte dalla passione di Di Dio, diplomato al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano (con tesi su Jimi Hendrix) e poi al fianco di eminenze della nostra canzone come Battiato, De André (Cristiano), Ramazzotti o Alice.

Osvaldo, i concerti hanno rafforzato i vostri legami? "Suonare su un palco è tutt’altra cosa rispetto allo studio, perché affina sera dopo sera intesa, complicità, affiatamento. Tant’è che stiamo registrando quasi tutti i concerti con l’intenzione di trarne un album dal vivo".

Cosa cambierà rispetto a quello in studio? "In ‘Blues for Pino’ ci sono dieci brani, mentre in concerto quasi il doppio. Quindi di materiale da scegliere ce n’è. Basta pensare a nobili assenze in quel nostro primo disco quali ‘Tutta ‘nata storia’, ‘Che soddisfazione’ o lo strumentale ‘Toledo’".

Il 18 settembre Napoli ricorda Daniele con un grande concerto in Piazza del Plebiscito. "Gli organizzatori hanno manifestato interesse pure per il nostro progetto. Abbiamo dato la disponibilità e siamo in attesa della risposta. Ovviamente, speriamo di esserci".

Di spettacoli sulla musica di Pino ne sono spuntati diversi quest’anno, uno addirittura degli stessi De Rienzo e Vitolo. "‘Blues for Pino’ è un progetto artistico che parte dagli arrangiamenti, dalla possibilità di trovare ai brani una veste nuova con i musicisti di allora. Altri, invece, partono da un concetto diverso, quello di riprodurre fedelmente le sonorità dei dischi. Scelta, a mio avviso, altrettanto giusta. Quella di Daniele è una musica che consente approcci diversi. E questo va ad assoluto beneficio per il pubblico".

Passato e futuro di un repertorio speciale. "Penso che Pino abbia indicato molte strade, alcune delle quali vanno ancora percorse fino in fondo. Penso, ad esempio, all’idea di legare il blues alla tradizione napoletana sintetizzata in maniera così suggestiva tra i solchi di ‘Nero a metà’. Ecco, in quella direzione penso ci possa essere ancora tanto cammino da fare".

Qual è il brano che l’esperienza live di questo tour ha arricchito di più? "Grazie all’improvvisazione dal vivo quasi tutti i pezzi assumono una forma dilatata rispetto a quella del disco, basta pensare a ‘Yes I know (my way)’ che nell’album dura tre minuti e mezzo e nei concerti arriva anche a dieci minuti. Da questo punto di vista il nostro show ha un approccio un po’ anni 70, da jam band americana alla Tedeschi Trucks Band o alla Gov’t Mule di Warren Haynes".

Ma lei a Pino oggi cosa chiederebbe? "Questa è una domanda che mi sarò fatto almeno cento volte. Forse gli chiederei perché, nel corso della carriera, ha aspettato così tanto a riformare le sue band storiche, a riunire tanti alfieri di quel ‘neapolitan power’ di cui è stato l’esponente più importante; ad un certo punto ne ha preso un po’ le distanze, ma nell’ultima fase del suo cammino ci si è ricongiunto alla grande. Ed è così che mi piace ricordarlo".