
Il direttore della National Symphony Orchestra racconta la sua emozione per l’onorificenza cittadina "Grande onore e responsabilità: al Conservatorio mi sono formato e ho incontrato anche mia moglie".
Milano rende omaggio a Gianandrea Noseda con l’attestato di Civica Benemerenza per l’Ambrogino d’Oro. Originario di Sesto San Giovanni, e allievo del Conservatorio di Milano, il direttore d’orchestra è acclamato nei maggior teatri internazionali fra cui Scala, San Pietroburgo, Londra, Zurigo e Washington.
Gianandrea Noseda, cosa significa ricevere l’Attestato di Benemerenza dalla sua città?
"Una grande gioia e un onore che implica un ulteriore senso di responsabilità nei confronti di Milano che mi ha dato tanto nel periodo della mia formazione e che oggi dimostra di apprezzare il mio lavoro di musicista in giro per il mondo".
Cosa crede di avere ricevuto da Milano?
"La mia formazione musicale, in un momento in cui si percepiva in città tantissima energia, positiva e contagiosa. A Milano - in particolare al Conservatorio - devo l’incontro con Lucia, che è diventata mia moglie. Alla città e alla allora Grande Orchestra Sinfonica di Milano devo il mio debutto professionale come direttore nel 1994".
E da Sesto San Giovanni?
"Il rispetto e l’etica del lavoro. Quando da piccolo mi affacciavo dalla finestra alla finestra la mattina presto, vedevo sempre le file ordinate degli operai che entravano alla Falk per il turno della mattina, il fumo delle ciminiere e sullo sfondo le Grigne e il Resegone, immagini che non mi hanno mai abbandonato".
Come ricorda gli anni del Conservatorio?
"Un periodo entusiasmante. Mi perfezionavo nello studio del pianoforte, affrontavo la musica da camera, gli studi di composizione. In quegli anni ho incontrao i docenti che hanno plasmato la mia visione della musica e i miei compagni di studio, che ora ritrovo come musicisti nelle migliori orchestre. Da ultimo, la direzione d’orchestra: un mondo affascinate che ho scoperto proprio al Conservatorio".
Da otto anni è direttore della National Symphony Orchestra di Washington. Ne vuole parlare?
"A Washington sono arrivato nel 2011 come ospite e quando ci sono ritornato nel 2015, dopo una serie di concerti importanti, mi è stata offerta la carica di direttore musicale, che ho assunto nel settembre 2017. Dopo otto anni di lavoro insieme ai meravigliosi artisti di questa orchestra, posso affermare che la National Symphony Orchestra è il “mio” strumento, quello che meglio di ogni altro asseconda le mie idee musicali ed è stato per me particolarmente importante presentare il risultato di questo lavoro nel teatro della mia città lo scorso febbraio".
L’8 dicembre a Zurigo dirigerà una nuova produzione di “Un ballo in maschera”. Com’è il suo rapporto con Verdi?
"La mia prima esperienza con la musica di Verdi - da direttore d’orchestra - risale al 1997: un “Rigoletto“ al Festival delle Notti Bianche di San Pietroburgo. Pensate che la mia “Gilda” era una giovanissima Anna Netrebko. Negli anni successivi ho affrontato quasi tutte le opere verdiane più importanti (ne ho dirette tredici) da La traviata al Trovatore fino a Otello e Falstaff. Alla Scala ricordo una bellissima nuova produzione di Luisa Miller con la regia di Mario Martone e una solida ripresa dell’Aida zeffirelliana. Proprio con Verdi (una nuova produzione di “Trovatore“), ho inaugurato la mia avventura da Generalmusikdirektor dell’Opera di Zurigo, e ora torno a Verdi con “Un ballo in maschera“, opera centrale nella produzione verdiana e “melodramma” per antonomasia: ritrovo la regista Adele Thomas, con la quale avevo avuto un ottimo rapporto nel “Trovatore“ e un cast strepitoso, di artisti che conosco e ho scelto personalmente. Uno dei privilegi del mio ruolo".