ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Nina Zilli al Giorno: Istanbul dà il via alla mia voglia live / VIDEO

La cantante racconta il nuovo tour fra pacifismo e rivolta

Nina Zilli

Milano, 14 aprile 2018 - Partirà da Istanbul il 10 maggio prossimo il “Ti Amo Mi Uccidi Tour” di Nina Zilli, pronta a tornare sulle scene nel segno di quel “Modern art” dato alle stampe lo scorso autunno col contributo di Dario Faini, Tommaso Paradiso, Calcutta nei panni di autori, e poi “rinfrescato” dalla partecipazione a Sanremo con “Senza appartenere”. “Ti amo mi uccidi” dovrebbe essere il prossimo singolo della cantante piacentina, che in in Turchia gode della notorietà che ha saputo riservarle la presenza di “50 Mila” nella colonna sonora di “Mine vaganti” di Ferzan Ozpetek. A parlarne è stata lei stessa, ieri pomeriggio, nella redazione de Il Giorno in diretta Facebook. “L’energia, il contatto, la famosa ‘caldazza’ della ventina di club toccati dal tour invernale mi ha messo addosso un gran voglia di live”.

Il precedente “Frasi & Fumo” era un tributo alla musica italiana, mentre in questo ci sono tanta elettronica, tanti colori e tanta Giamaica.

“Il predecessore forse aveva un animo un po’ più vintage, per questo ho voluto scegliere un titolo bivalente come ‘Modern art’, che evoca uno stile e un suono molto diverso. Anche se in passato di musica in levare ne avevo fatta tanta, passando da Chiara & Gliscuri agli Africa Unite, quindi questi suoni sono il mio pane. Diciamo che si tratta di un ritorno, seppur molto legato alla modernità”.

Quali canzoni le movimentano di più la vita al momento?

“Ascolto molte cose tropicali; la trap e il reggaeton del portoricano Bad Bunny, ad esempio, mi divertono lasciando un bel senso di freschezza. La Giamaica, poi, rimane un centro di gravità importante per la mia musica anche se attorno ad ogni album provo a costruire un mondo diverso. Anche se la mia scrittura rimane e quindi lo shock non sarà mai troppo scioccante”.

Quali mondi, allora, le piacerebbe esplorare in futuro?

“Mi piace molto il rhythm’n’blues moderno. Ma penso che pure nella commistione di generi della trap ci siano delle sfumature bellissime”.

Qual è l’animo di “Modern art”?

“È un disco pacifista, ma anche un po’ rivoltoso perché, per cambiare le cose, dobbiamo far sentire la nostra voce. Dobbiamo recuperare quel po’ di empatia che lo schermo e il digitale ci ha un po’ raffreddato”.

“Senza appartenere” è un pezzo di contenuti. Pensa che il Festival sia stato un buon veicolo per farli arrivare o il live potrà fare di più?

“Dal vivo il pezzo arriverà molto, molto, di più. Senza l’orchestra, infatti, diventerà un po’ più nuda e ancora più sincera rendendo giustizia a me e agli altri due autori Giordana Angi ed Antonio Iammarino. Con un gioco di parole, penso che ‘Senza appartenere’ ‘appartenga’ alle intenzioni e agli umori di ‘Modern art’. Il bisogno di portarla al Festival e di ripubblicare l’album nasce pure da questo. Anzi, per un disco di verità come il mio, penso sia un po’ il pezzo che chiude il cerchio”.

La tanta televisione fatta negli ultimi tempi, non ha confuso un po’ il pubblico?

“Penso di essere arrivata alla gente così forte e chiara con la musica da potermi permettere anche qualche esperienza sul piccolo schermo ”.

E la lirica?

“Non scherziamo. Stiamo parlando di due mondi completamente diversi; un cantante professionista come me è come un podista che corre un paio di ore al giorno, quello lirico un maratoneta. Ho fatto cinque anni di conservatorio, poi il rock s’è impossessato di me e ho mollato tutto. Gli studi mi hanno fatto scoprire la mia estensione e col senno di poi mi sono serviti tantissimo, ma l’opera rimane solo una passione”.