
Leonardo Manera
Milano, 17 febbraio 2017- Una bella mangiata con gli amici. Quando si era giovani e spiantati. Ed ecco che compare “I mangiatori di patate” di Van Gogh. Oppure state discutendo con il vostro capo? Forse l’opera giusta potrebbe essere l’installazione di Beuys a stretto contatto con un coyote... O ancora, chi meglio di Mondrian per un’amica un po’ troppo schematica? Questo il meccanismo de “Il cielo è sempre più blu”, curioso esperimento fra arte comicità in compagnia di Leonardo Manera e del critico Carlo Vanoni. Lo si vede oggi e domani alle 21 allo Zelig di viale Monza. Per un cabaret che forse, piano piano, sta cercando di cambiare. Finalmente.
Manera, ci racconti come funziona sul palco.
«In pratica io racconto la mia vita privata e nel frattempo Carlo Vanoni ne esplica le emozioni attraverso una selezione di opere, arrivando fino all’arte contemporanea. C’è quindi un parallelismo fra l’aspetto privato e quello che viene mostrato. Credo sia un progetto piuttosto atipico, quasi divulgativo pur rimanendo divertente. Che alla fine siamo a Zelig».
Come inserisce la chiave comica nello show?
«Soprattutto la prima parte è più vicina al cabaret, quando racconto di me bambino a Salò. In questo è la derivazione dello spettacolo che sto portando in giro e che ho dedicato a mio figlio, da padre separato. Poi piano piano cresce l’interscambio fra le materie: si approfondisce il collegamento fra vita vera e arte, che spesso sbagliando consideriamo difficile, distante. È un approccio diverso dal solito ma è da un po’ che cerco nuove forme al cabaret tradizionale».
Un’opera rimasta nel cuore?
«Mi fa sempre ridere quando parlo del mio primo rapporto e Vanoni mostra un’installazione di Tracy Emin: una tenda canadese con all’interno cuciti tutti i nomi delle persone con cui lei aveva fatto sesso fino a quel momento. Peraltro saranno un centinaio».
Come mai il titolo alla Rino Gaetano?
«È provvisorio, diventerà “I migliori quadri della nostra vita”. Per ora ci piaceva far riferimento a un’opera di Giotto in cui per la prima volta il cielo è colorato di blu. Era sempre stato d’oro, riferimento a Dio e alla luce. Ma lui si concentrò sulla realtà».
Un innovatore nella comicità?
«Ho amato molto Corrado Guzzanti, alcune sue cose sono state davvero qualcosa di nuovo e lo sono tuttora, anche se lo si vede meno in giro. Lui lo considero un innovatore».
Che periodo è per il cabaret?
«Di trasformazione. La comicità televisiva ha bisogno di cambiare e di collegarsi alla realtà, contaminarsi. Io provo a farlo con questo progetto e da tempo al Manzoni con “La caverna dell’informazione”, dove mi confronto con il giornalismo. Il cabaret classico mi sembra tutto già visto».
Ma anche i suoi colleghi vogliono cambiare?
«Loro sì, le tv invece hanno molta paura di innovare. Credo sia un discorso di spazi pubblicitari. Ma cercare il nuovo è necessario. E vedere sempre le stesse cose a me fa una grande tristezza».
Allo Zelig, viale Monza 140, oggi e domani alle 21
Diego Vincenti