"In Accademia ho seguito con costanza ogni ballerino che oggi ritrovo in scena: sono un po’ come i miei figli, anche quelli che non ho formato", spiega Frédéric Olivieri. Direttore artistico del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala e Direttore della Scuola di ballo scaligera. Olivieri ha annunciato la stagione del balletto del Piermarini, una delle più interessanti degli ultimi anni. Saggio, colto, profondamente empatico, un trascorso di étoile, è l’antidivo per eccellenza.
Maestro Olivieri, la stagione è segnata da tre balletti mai rappresentati alla Scala. "“Le Sacre du printemps” di Stravinskij di Pina Bausch, una coreografia che scuote il pubblico nel profondo. “Alice’s Adventures in Wonderland” di Christopher Wheeldon, un balletto in tre atti, divertente con soluzioni incredibili, effetti speciali e richiami a musical e balletti classici. “Minus 16” uno dei brani più famosi di Ohad Naharin in cui mescola ironia ed eleganza".
Perché avete scelto anche tre importanti balletti classici? "È essenziale sia per il pubblico che li ha già visti, sia per i giovani che vogliono conoscere la storia del balletto, e anche per la compagnia. La nuova stagione si apre con “La Bella addormentata nel bosco” con la coreografia di Nureyev e si chiude con “Le Sacre” di Bausch. Dopo la Bella ci sarà “Don Chisciotte”, poi “Giselle” tre classici diversi nello stile, come lo sono, del resto, anche i balletti contemporanei. La peculiarità di questa compagnia è che può realmente ballare molto bene qualsiasi repertorio. In ogni ballerino trovo curiosità, impegno, qualità non solo tecnica ma anche artistica; in compagnia ci sono elementi fantastici, persone che danno quella cosa in più che rende l’ensemble unico, speciale".
Cosa prova a lavorare in teatro con allievi che ha conosciuto bambini? "A volte li guardo e mi emoziono, rivedo i loro primi passi, le prime lezioni. Noto il percorso che hanno intrapreso, i cambiamenti, la maturità che stanno raggiungendo. È una fortuna continuare a condividere con gli ex allievi la vita artistica. Conosco la loro sensibilità, il loro vissuto, il carattere, e questo mi coinvolge anche affettivamente. Lavorare con loro dà un senso a tutto ciò che ho fatto in questi anni, conferma la buona formazione dell’Accademia di balletto della Scala".
È stato anche un grande ballerino ma poi ha scelto la didattica. "Durante la mia vita ho avuto incontri importanti, fra cui Nureyev, mi ha insegnato tantissime cose che ho trasmesso nella mia prima direzione, poi alla scuola. Ho lavorato come solista all’Opera di Parigi, un’istituzione statale, come la Scala; poi sono stato étoile ai Ballets de Monte Carlo, una compagnia privata con lunghissime tournée internazionali; poi sono stato primo ballerino del Balletto di Amburgo di Neumeier. Esperienze che mi hanno portato a essere coreografo, saper sviluppare tournée e creare un repertorio come quello che si vedrà alla Scala".
Da 25 anni vive a Milano. "Ho sposato una milanese, mia figlia è milanese, mi considero milanese e scaligero. Spesso, anche nei giorni di riposo sento l’esigenza di andare alla Scala per pensare".
Se dovesse riassumere la sua vita con un balletto quale sceglierebbe? "”Il Figliol prodigo” di Balanchine è il ruolo che mi ha dato immense emozioni. Il balletto s’ispira alla parabola evangelica, un giovane lascia la casa del padre per ritornarvi anni dopo sconfitto. È un viaggio alla ricerca di sé stesso, straordinario per un ballerino".