
Keith Jarrett dice che vorrebbe distruggere tutte le copie del suo album di maggior successo, perché lo ritiene un’opera brutta...
Keith Jarrett dice che vorrebbe distruggere tutte le copie del suo album di maggior successo, perché lo ritiene un’opera brutta e ripetitiva. Ma al pubblico non si comanda e quattro milioni di dischi venduti fanno del “Köln Concert” un riferimento obbligato del pianismo jazz. Un fortunato imprevisto, date le modalità con cui fu registrato, messo in Germania al centro di un documentario “Lost in Köln” di Vincent Duceau e di un film, “Köln 75” di Ido Fluk. Pure Piano City celebra domani i cinquant’anni del disco, accogliendo alle 22.30 sotto i riflettori della Fabbrica del Vapore Cesare Picco (foto) con “The Köln Concert: 1975-2025”, variazioni su quei 59 minuti e 9 secondi che il 24 gennaio del 1975 hanno reso il pianista di Allentown, 80 anni, lontano dalle celebrazioni per carattere e per i due ictus che nel 2018 gli hanno tolto l’uso della mano sinistra, un semidio.
Picco, com’è nato il tributo? "Da una proposta di Ricciarda Belgiojoso, direttrice artistica con Titti Santini del festival, a cui non potevo certo dire di no. Forse anni fa, in un’altra fase della mia vita musicale, mi sarei tirato indietro, ma ora penso di avere la maturità artistica giusta per farlo. Anche per senso di gratitudine emotivo-artistico-umano verso quello che la musica di Jarrett mi ha dato".
I concerti solisti di Jarrett a Brema o Losanna, registrati 18 mesi prima, sono probabilmente superiori sotto molti aspetti tecnici. Ma il concerto di Colonia rimane il concerto di Colonia. "Stiamo parlando un’ora di musica totale capace, con i mezzi della grandissima meditazione, di spingersi al di là. Non si può pensare, infatti, di produrre un’ora di musica a quei livelli senza ammettere uno stato meraviglioso di coscienza. Ed è questo che m’interessa".
Jarrett chiese un Bösendorfer 290 Imperial lungo 3 metri con 97 tasti e una gamma tonale completa di 8 ottave, ma si ritrovò sul palco un Bösendorfer tre quarti di coda lungo 1,8 metri dal timbro sottile, un pedale malfunzionante e nessuna potenza nel registro dei bassi. "Filologicamente ho scelto per la mia esibizione la stessa marca e lo stesso modello e, siccome quello era un pianoforte disastrato, ho chiesto ai tecnici della Bösendorfer di agire su meccanica e martelletti per trasformare la fuoriserie in un’utilitaria. Benché sia cresciuto a pane, Bach e Jarrett, nessuno lo può suonare quella musica come lui. Così io mi metto a disposizione del progetto entrando e uscendo dall’originale rispettandone i quattro movimenti".