
Ian Anderson, in Lombardia per due appuntamenti imperdibili
Milano, 17 luglio 2016 - Il tempo ha tolto a Ian Anderson quella zazzera leonina diventata ai tempi dei Jethro Tull un’icona rock, ma non la capacità d’incidere ancora col suo carisma e col suo flauto sull’immaginario di una generazione invecchiata con lui. Oggi a Mantova in Piazza Castello e domani a Bollate nell’abbacinante cornice di Villa Arconati, l’eroe di “Living in the past” e “Thick as a brick” prosegue la sua strada affiancato da John O’Hara alle tastiere, David Goodier al basso, Florian Opahle alla chitarra e Scott Hammond alla batteria, rinunciando al marchio che l’ha reso famoso (non è detto, però, che non lo resusciti il prossimo anno per il cinquantennale) per puntare in prima persona sul repertorio che gli ha permesso di vendere 65 milioni di dischi e tenere oltre 3.000 concerti in 40 paesi.
Ian, lei attualmente è in tournée con due show; “Best of Jethro Tull”, che porta a Mantova e a Bollate, e “Jethro Tull performed by Ian Anderson”. Ma dove sta la differenza? «I concerti estivi sono un ‘best of’ della mia produzione, mentre gli altri un approccio teatrale da rock opera con grandi schermi e qualche ospite. Tutte cose che in estate, per motivi tecnici, meteo, e ambientali, è più difficile realizzare in spazi all’aperto. Ogni anno mi esibisco in quattro-cinque tipi di situazioni diverse».
Perché di fatto i Jethro Tull non esistono più, ma esiste solo Ian Anderson che suona la musica dei Jethtro Tull? «I Jethro come band sono andati avanti per quasi mezzo secolo ruotando nelle varie formazioni qualcosa come 26 membri. Ho pensato che prima di morire sarebbe stato bello far conoscere alla gente pure il mio nome e non solo quello della band. Penso infatti che i nomi dei gruppi siano solo nomi mentre le canzoni siano legate a chi le ha scritte».
A proposito, il suo prossimo disco dovrebbe essere una raccolta di canzoni dei Jethro Tull per archi «Lo registreremo settembre in occasione di alcuni concerti nelle cattedrali e uscirà a febbraio 2017. Grazie agli arrangiamenti per quartetto d’archi di John O’Hara alcune canzoni dei Jethro Tull diventeranno una specie di musica per matrimoni e funerali, rilassata ed emozionante».
In Italia è venuto tante volte «I ricordi più avventurosi rimangono probabilmente quelli degli anni Settanta, quando arrivavo in tour con la maschera antigas nella valigia perché erano tempi di contestazioni, di autoriduzioni, e a volte capitava che i gas dei lacrimogeni usati in strada dalla polizia invadessero i camerini».
A lei che è nato a Dunfermline che effetto hanno fatto la Brexit e la volontà degli scozzesi di ripetere il referendum per l’indipendenza? «Come scozzese sarei molto rammaricato se la Scozia abbandonasse il Regno Unito. Noi scozzesi siamo stati, infatti, parte di una consultazione referendaria libera e democratica che coinvolgeva l’intero paese. E le regole della democrazia dicono che la volontà popolare è sovrana».