
Grignani sarà all’Alcatraz col suo nuovo lavoro di rock Un grande successo di critica e pubblico
Milano, 1 dicembre 2016 - Davanti ai languori del pop odierno, non restano che gli anniversari. E nel 2015 Gianluca Grignani ne aveva uno troppo invitante per lasciarselo sfuggire; i vent’anni di hit parade. Vent’anni di Rock che con il punto in mezzo diventano Rock 2.0, come lo show che l’ex falco a metà porta questa sera sul palco di un Alcatraz esaurito da settimane. “Perché il rock 2.0 sono io” dice. “Il lato umano e quello artistico, rappresentano due aspetti inscindibili della mia persona”.
Fra gli angeli bruciati della canzone italiana, “Grigna” è probabilmente quello che il pubblico ama di più, per l’ostinazione indifesa con cui continua a fronteggiare i rovesci in cui a volte lo precipita un (grande) talento fuori controllo. Il suo popolo lo sa e l’adora anche per questo. Per prepararsi all’evento milanese (ma sabato si replica a Roma) Gianluca - 44 anni e quattro figli avuti dalla moglie Francesca Dall’Olio - quest’estate ha fatto dei concerti acustici a sorpresa, annunciandoli all’ultimo momento sulla sua pagina Facebook. C’era da promuovere “Una strada in mezzo al cielo”, unplugged semiacustico improntato per lo più sui brani dei suoi primi due album “Destinazione Paradiso” e “La Fabbrica di Plastica” in versione completamente rivista assieme ad autorevoli colleghi, e ha scelto di stupire ancora una volta. Se a qualcuno il termine “rock” per uno come lui può apparire eccessivo, va ricordato quale fu la reazione di Grignani alle 750 mila copie vendute in Italia da “Destinazione paradiso” (e un altro milione nel mondo); buttare alle ortiche il melodismo edulcorato che l’aveva reso una popstar per lanciarsi a capofitto in un progetto duro e inqueto come “La fabbrica di plastica”, tagliandosi la chioma da bambolotto idolatrato dalle ragazzine per ricordare a tutti che c’è la musica, e non il successo, al centro del suo mondo.
Gianluca, l’idea dello show? «Il ventennale avrebbe richiesto un concerto da quattro-cinque ore, ma anche uno da due, due e mezza va bene lo stesso. Lo trovo molto energico, molto impegnativo, molto bello. Ci ho lavorato sopra notti intere, ma ne valeva la pena».
Il disco è zeppo di ospiti. Invitarne qualcuno all’Alcatraz? «Li avrei voluti avere tutti, da Liga alla Consoli, a Moro, a Briga, ad Annalisa, a quella Elisa che mi ha regalato una “Destinazione paradiso” forse meglio dell’originale; ma non è stato possibile e così ho preferito lasciar perdere».
Milano è una tappa come le altre o ha un valore particolare? «Ho creato questo percorso lo scorso quando lo scorso maggio ho deciso di disertare la tv, perché avevo dei problemi personali da risolvere che non mi andava di dare in pasto alla telecamera. Così, anche per il mio stato emotivo, ogni esibizione mi ha lasciato qualcosa. Tutte le tappe sono quindi importanti, ma quella nella mia città è forse più importante delle altre».
E ora che quei problemi li ha risolti, la tv? «Ho ricominciato una ventina di giorni fa da “Edicola Fiore”, perché Fiorello è un amico; ma i concerti rimangono la gioia più grande».
Dopo la serata no di Palermo finita su tutti i media, grazie al filmato in cui se la prende con gli organizzatori dello show per la ballerina spuntata alle sue spalle durante “Una donna così”, è più cauto nello scegliere le date? «Al di là dei problemi che abbiamo avuto, di quella sera m’è rimasto in testa soprattutto l’affetto e il calore del pubblico. Certi incidenti di percorso, ci stanno; d’altronde sfido chiunque a prendere in mano una chitarra, aprire la sua pagina Facebook, e fare quel che ho fatto io questa estate».