"Pentiti, cangia vita, è l’ultimo momento!". Ma Don Giovanni non ne ha nessuna intenzione di fronte al Commendatore. Nonostante senta un freddo ormai mortale nelle ossa. E davanti a lui si stia per aprire l’inferno. Penultima scena dell’opera mozartiana. Come si fa a non adorarla? Ne sa qualcosa Arturo Cirillo. Che oggi torna a quella passione, portando in scena un lavoro curioso, ibrido, di evidente coraggio drammaturgico. Dove l’opera (il libretto di Da Ponte), entra in dialogo con il classico codificato da Molière.
Da stasera lo si vede in Sala Shakespeare dell’Elfo Puccini. Un "Don Giovanni" vivo e sanguinante, con il regista di Castellammare a ritagliarsi anche il ruolo principale, affiancato da Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta e Giacomo Vigentini. "La mia passione per il personaggio di Don Giovanni e per il suo inseparabile alter ego Sganarello – sottolinea Cirillo – nasce dalla frequentazione dell’opera. Ma l’incontro decisivo avvenne all’epoca in cui frequentavo l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. Oltre al libretto dapontiano, recitavamo rapportandoci con la musica di Mozart. E in quella occasione questa danza disperata ma vitalissima, mi è apparsa in tutta la sua bellezza. Negli anni successivi tra i miei autori prediletti si è imposto Molière. Tanto che oggi mi è parso naturale lavorare su una drammaturgia che riguardasse sia il suo testo che il libretto di Da Ponte". La fame di vita. Il gioco della seduzione. La furia irrefrenabile. Fino all’estreme conseguenze. Diego Vincenti