ANNA MANGIAROTTI
Cultura e Spettacoli

Clarice Lispector, fascino e mistero. La sua vita diventa un romanzo

Il libro ispirato all’esistenza della scrittrice brasiliana scritto dal suo traduttore storico Roberto Francavilla

Clarice Lispector (1920-1977), il romanzo “Città senza demoni“ è ispirato alla sua vita

Clarice Lispector (1920-1977), il romanzo “Città senza demoni“ è ispirato alla sua vita

La più grande scrittrice in Brasile, e fuori tra le più grandi, del Novecento, Clarice Lispector. Misteriosa, selvaggia, audace strega amazzonica. Perché sia celebrata nell’impeccabile Centro Svizzero di via Palestro, martedì slle 18.30, lo chiediamo al fine lusitanista che la studia e traduce da anni con inesauribile amore.

Roberto Francavilla, è una vera incantatrice Clarice? "Donna dalla bellezza fatale, e dalla scrittura irresistibile. Adorata anche da Giuseppe Ungaretti. A me, studente, incominciò a farla conoscere Antonio Tabucchi".

E ora fa di questa scrittrice la protagonista del suo romanzo d’esordio per Feltrinelli “Città senza demoni“, portandoci in Svizzera. "Sì, Berna è la capitale noiosa e silenziosa dove la Lispector arriva nel ‘46. E si ferma, i due anni che io narro, al seguito dell’eccellentissimo marito diplomatico (che poi lascerà). A Rio morirà nel 1977".

Ma in Brasile com’era arrivata quell’ebrea russa nata in Ucraina nel 1920? "Baby ci era finita. Costretta a fuggire con la famiglia nel bel mezzo della guerra civile russa, a seguito dei brutali pogrom antisemiti che avevano devastato la sua patria, su cui appunto dirà di non aver mai messo piede: neppure camminava al momento della fuga".

Ha dunque solo 26 anni la bella signora che subito conquista l’elitario ambiente elvetico. "Ma la sua prima opera, a 23 anni, "Vicino al cuore selvaggio", le ha già procurato un successo folgorante".

Qualcosa di vero, dunque c’è nel romanzo? "Sia chiaro, ho inventato tutto, a cominciare dalla maggior parte dei personaggi. Tranne il poeta che incontra, oltre al marito, e le sorelle, alle quali Clarice scrive lunghe lettere manifestando disagio e depressione: da una di queste ho ricavato “Città senza demoni“, il titolo".

Invidiabile anche l’espressione "la mia lingua è un cavallo", usata da questa brasiliana. Così autentica da aver potuto chiedere al dittatore, e ottenere, la cittadinanza? "In un ricevimento a Berna, spiegherà che la sua lingua un po’ somiglia, sì, al gallego-portoghese, appartiene a quella stessa razza, ma corre e scarta in modo assai diverso. Si imbizzarrisce spesso: un cavallo abituato a galoppare nelle foreste, a vincere la sete del sertão, a lasciarsi ammaliare ascoltando suoni e canzoni che in Europa non esistono".

Non facile addomesticare in italiano questa lingua. Ma ci riesce bene, Francavilla, anche nell’ultimo libro pubblicato da Adelphi, “La città assediata“. Una breve sintesi? "La protagonista Lucrécia si muove negli anni Venti fra il sobborgo di São Geraldo, ancora odoroso di stalla, e ristoranti, teatri, giardini, negozi eleganti della metropoli, e di nuovo il borgo natìo, meno selvaggio ma ormai irriconoscibile, transitando per diverse figure maschili...".

Aiutandoci a capire perché, non solo in Brasile, in ogni grande città ci si sente stranieri, e in quelle piccole estranei. "La Lispector piace infatti moltissimo non solo alle lettrici. Prepotentemente femminile, ma mai banale, lamentosa, è la sua voce".

Né si lamenterebbe con l’uomo che si è preso la confidenza di trasformare la sua romanzesca vita in un romanzo? "Non ho dubbi che sempre, dalle copertine, mi sorride".