Milano, 16 aprile 1984
Carissimo Arrigo,
ti ricordi del tuo vecchio (allora giovane) professore della quinta ragioneria? Sono sempre io, ormai dal 1965 a Milano, a occuparmi di questa rivista e delle edizioni Ares. Da tempo desideravo scriverti, anche se molto tardi ho appreso del tuo coinvolgimento nella triste storia. Sai che già allora non condividevo molte tue idee, e ancor meno quelle che successivamente si sono aggiunte. Ma ti ho sempre stimato e, sia pure unilateralmente, ho continuato a sentirti amico. Recentemente ho sfogliato la collezione di Fogli a cui anche tu avevi occasionalmente collaborato.
Non so se ti fa piacere che io emerga con queste righe dalle nebbie del passato (come si dice nei feuilletons), e non mi dilungo perché non vorrei che tu scambiassi per compassione quello che per me è affetto. Se hai piacere e se puoi farlo, dimmi qualcosa. Potrei mandarti dei libri, scriverti, qualche volta venirti a trovare (vengo a Roma abbastanza spesso: chissà se è possibile vederti, non conosco le regole).
In ogni caso, sappi che non sei solo.
Un affettuoso abbraccio
dal tuo Cesare Cavalleri