
Maurizio Tansella di Milano vive sulla propria pelle gli effetti della flessibilità e della crisi
Milano, 7 novembre 2018 - Lavoratori giovani e meno giovani costretti a casa, o alle prese con le insidie di un mercato del lavoro stagnante anche in Lombardia. I Neet, ovvero quelli che si sono arresi e hanno smesso di studiare o cercare lavoro, ma anche persone impegnate in una battaglia quotidiana fra invii di curricula, colloqui e roulette dei contratti a termine, in attesa di un’occasione. Lombardi che campano di lavoretti, spesso pagati in nero. Dall’altra parte imprese che hanno bisogno di personale qualificato e non lo trovano, periti e laureati in materie scientifiche che scarseggiano rispetto alle esigenze del mercato. E a volte, per trovare “cervelli”, le aziende sono costrette a guardare all’estero, ai Paesi emergenti. Sfide da affrontare per il Governo, con la partita sul reddito di cittadinanza ancora tutta da definire e un decreto dignità che, per ora, non ha portato a una svolta.
«Non voglio elemosina, ma un lavoro dignitoso». Maurizio Tansella, milanese di 40 anni, ha le idee chiare sul reddito di cittadinanza, uno dei punti cardine del programma del Governo. Laureato in Farmacia, ha vissuto sulla sua pelle gli effetti della flessibilità e le conseguenze della crisi.
Quali sono state le sue esperienze di studi?
«Ho studiato come perito chimico industriale, dopo il diploma ho deciso di iniziare a lavorare e nel frattempo proseguire il percorso all’università. Una strada che si è rivelata impossibile senza il sostegno economico dei genitori e presto mi sono arreso. Ho svolto diversi lavori precari e sottopagati, con turni di notte e orari impossibili. Poi ho ripreso a studiare, e mi sono laureato in Farmacia a 39 anni».
Dopo la laurea la situazione è migliorata?
«Direi di no, l’ultimo lavoro che ho trovato era da operaio a circa mille euro al mese. Nella mia vita ho mandato centinaia di curricula, adesso pur avendo titoli ed esperienza non arrivo neanche al colloquio. Non sono una persona che vuole il lavoro sotto casa, sono pronto a spostarmi e aperto a nuove esperienze. Ho anche pensato di iscrivermi a un master, ma poi ho abbandonato l’idea».
Come mai?
«Rispetto ai costi c’erano troppe incertezze sulla reale possibilità di trovare lavoro. Le aziende quando devono scegliere preferiscono ragazzi di 25 anni, appena usciti dall’università. Io a 40 anni non mi sento vecchio, ho tanta esperienza alle spalle e voglia di lavorare».
Ha pensato di andare all’estero?
«In passato ho già lavorato per alcuni mesi nel Regno Unito, dove ho imparato bene l’inglese. Sono pronto a ripartire e a lasciare l’Italia, perché qui non ci sono prospettive, è tutto fermo. In altri Paesi ci sono vere occasioni».
In questi anni è riuscito a costruirsi una famiglia?
«Avrei tanto voluto avere figli, ma non ce l’ho fatta. La mia compagna lavora in banca ma, nonostante questo, gli istituti di credito non ci hanno neanche concesso un mutuo per comprare una casa».
Che cosa pensa della misura del reddito di cittadinanza?
«Mi sembra solo un’elemosina. Per risolvere i miei problemi mi basterebbe avere un lavoro con condizioni dignitose. Non mi sembra di chiedere troppo dalla vita». (2 - Fine)