Coppia uccisa a Pordenone, un giro di amanti. Indagata la ragazza dei misteri

È la fidanzata del militare accusato per la morte di Trifone e Teresa di NINO FEMIANI

Le due vittime, Trifone Ragone e Teresa Costanza

Le due vittime, Trifone Ragone e Teresa Costanza

Napoli, 22 dicembre 2015 - Il giallo di Pordenone si arricchisce di un colpo di scena. Indagata Rosaria Patrone, la fidanzata ventiquattrenne di Giosuè Ruotolo, il militare indagato per il duplice omicidio del commilitone Trifone Ragone e della fidanzata Teresa Costanza, uccisi il 17 marzo nel parcheggio di una palestra dopo aver terminato l’allenamento di pesistica. Favoreggiamento, false attestazioni e istigazione: sono le accuse mosse alla ragazza. Rosaria verrà interrogata domani mattina in Procura a Pordenone.  Cosa contestano i pm alla studentessa in legge? Secondo indiscrezioni, la ragazza sarebbe caduta in contraddizione nel corso dei tre interrogatori in cui era stata sentita come persona informata dei fatti. Adesso la sua posizione processuale è cambiata e dovrà essere accompagnata dal suo legale Costantino Catapano il quale così commenta: «Non è detto che ci avvarremo della facoltà di non rispondere seppure, dopo venti ore di sommarie informazioni rese, credo ci sia ben poco da aggiungere».

Da fonti investigative si apprende che i pm sospettano che abbia taciuto su situazioni scabrose come una relazione tra lei e un altro uomo e tra Ruotolo e un’altra donna, rivelate da un’amica di Rosaria. Chi erano questi misteriosi amanti? Nel mirino anche gli sms e le chat che i due fidanzati si scambiarono nelle ore precedenti e seguenti il delitto. Alcuni di questi dati sono stati poi cancellati. Per costruire un alibi?

Ribadito invece in maniera categorica il mancato coinvolgimento della studentessa nell’omicidio: la donna si trovava a quasi mille chilometri di distanza. Rosaria è stata finora sentita per tre volte. Le prime due volte a Pordenone. Qualche settimana fa, terzo interrogatorio, stavolta a Somma Vesuviana, comune di residenza di Rosaria e senza alcun preavviso. Un’incalzante raffica di domande su punti rimasti oscuri. Ad esempio: cosa le raccontava il fidanzato dell’ex coinquilino? Trifone era motivo di litigi e di gelosie?

È vero che la sera del delitto non le disse che la coppia era stata assassinata? Che cosa significava quel messaggio che lei inviò su whatsapp a Giosuè: «Hai fatto qualcosa che non mi hai detto?». In queste settimane gli inquirenti hanno anche analizzato i contenuti del computer e del telefonino della giovane mentre sono attese per Natale l’analisi balistica e l’impronta papillare ritrovata su una cartuccia non esplosa ritrovata sulla scena del crimine. È probabile che a Rosaria i carabinieri abbiano chiesto anche della tuta acetata che - secondo i due commilitoni con cui viveva in via Colombo a Pordenone – Giosuè avrebbe indossato la sera del 17 marzo, per andare al palasport, e che adesso non si trova. L'unico indagato, finora, era Ruotolo, accusato di avere esploso i fatali sei colpi di pistola. Dopo il duplice omicidio è stato ripetutamente sentito dagli investigatori, ma ha sempre ripetuto la medesima versione: non c’entro, al momento della sparatoria ero a casa. «La posizione di Giosuè non cambia e in realtà ci aspettavamo questa piega nell’indagine», è il commento dell’avvocato Roberto Rigoni Stern, difensore del militare campano.