Gucci, la storia dell'omicidio che sconvolse la 'Milano bene' 26 anni fa

Maurizio Gucci fu ucciso nel marzo '95 con tre colpi di pistola. Prima ipotesi la pista internazionale. Poi i dubbi sulla ex moglie Patrizia Reggiani

Patrizia Reggiani Gucci

Patrizia Reggiani Gucci

Milano - Sono le 9 del 27 marzo 1995, una soleggiata giornata d'inizio primavera a Milano. Maurizio Gucci entra nell’atrio del palazzo di via Palestro 20 dove si trovano i suoi uffici. Elegante, quarantacinque anni ben portati, è l'erede di una di una dinastia di stilisti, un impero che ha gettato le sue fondamenta a Firenze nel 1921. Riceve come ogni mattina il "buongiorno dottore" del portiere Giuseppe Onorato. Il sicario esce dall'ombra, esplode tre colpi di pistola contro Gucci, due alla schiena e uno alla tempia, per finirlo. Mentre si allontana, rivolge l’arma contro Giuseppe: due proiettili trapassano braccio e spalla del portiere. Gucci è a terra agonizzante. Prima di salire su una Clio verde rimasta parcheggiata in seconda fila, che si allontana sgommando, il killer urta una seconda testimone, una giovane impiegata che nota sulla testa dell’uomo un berretto da baseball.

Viene formulata l'ipotesi di una pista internazionale: un presunto debito non saldato in Giappone o un grosso progetto in Svizzera che prevedeva anche l'apertura di un casinò. Maurizio Gucci è un uomo da 800 miliardi di lire di patrimonio personale. Nel 1993 ha venduto per 170 milioni di dollari le sue quote del gruppo Gucci. A chi toccherà questa eredità da favola? Nel 1972 Maurizio ha sposato Patrizia Martinelli Reggiani, di quattro anni più giovane, splendida ragazza dai magici occhi violetti che ricordano quelli di Liz Taylor. Dodici anni di matrimonio in una piccola reggia in piazza San Babila, giardino pensile, broccati alle pareti, un intero piano adibito a salone per le feste. Sono venute al mondo Alessandra e Allegra. Due anni prima di essere ucciso, Gucci ha iniziato una relazione con un'altra donna, Paola Franchi, bionda e affascinante. Patrizia non ha nascosto la gelosia e il rancore per l'ex coniuge la cui morte, dice, non le avrebbe dato alcun dispiacere.

"Che cosa mi succederebbe se lo facessi fuori?", domanda al legale che segue la causa di divorzio. Alla cameriera, Alda Rizzi, chiede per due volte, con nonchalance, se il suo fidanzato poteva aiutarla a uccidere Maurizio. Durante una festa in un salotto milanese, come ricorderanno al processo alcuni testimoni, avrebbe cercato ad alta voce qualcuno capace di uccidere Maurizio. Per chi li ascolta sono soltanto degli sfoghi rancorosi. Dopo il delitto gli investigatori sospettano di lei. Una "soffiata" indirizza le indagini della Criminalpol e del sostituTo procuratore Carlo Nocerino. C'è un uomo, si chiama Gabriele. Vive di espedienti e del riparo che gli può offrire un albergo a una sola stella in via Lulli. Il portiere si chiama Ivano Savioni. Gabriele cerca di farselo amico, si dà importanza fingendosi un trafficante colombiano di droga. Una sera di giugno del '96 il portiere si confida con il nuovo amico. Ha qualcosa di cui vantarsi. Per gradi, racconta di avere preso parte all'omicidio di Maurizio Gucci. Ha ricevuto 50 milioni dalla vedova, pochi, troppo pochi, si lamenta, perché quella lì è ricca sfondata mentre lui rischia di finire al gabbio.

Una sera di giugno del '96 Savioni si fa bello con il cliente. "Interessante - pensa Gabriele -. Ci si può guadagnare qualcosa". L'8 gennaio del '97 telefona a Filippo Ninni, capo della Criminalpol lombarda. I due s'incontrano. Il testimone racconta le confidenze del portiere, il silenziatore confezionato artigianalmente, le pallottole acquistate in Svizzera, particolari che soltanto gli autori dell'omicidio o i loro complici possono conoscere. Non basta. Ninni decide di affiancare al confidente un suo ispettore che si fingerà Carlos, rappresentante di un "cartello«"dei narcos colombiani. I giornali pubblicano la notizia che il pm Nocerino, titolare dell’inchiesta sull'omicidio Gucci, ha chiesto una nuova proroga delle indagini. Viene intercettata una telefonata fra Savioni e Giuseppina Auriemma, 51 anni, maga napoletana, amica e confidente di Patrizia Reggiani. La donna è preoccupata: "So' svenuta in coppa a o' giurnale quando ho letto che l'inchiesta prosegue". Savioni la rincuora. "Dammi retta, Iva': se non facciamo qualche cazzata, non ci piglieranno mai", dice la sensitiva, ormai tranquillizzata.

Il finto Carlos viene presentato da Gabriele come un trafficante di stupefacenti e un killer professionista con alle spalle un centinaio di omicidi. Potrebbe essere l’uomo adatto per risolvere la questione con la Reggiani. La trappola funziona. Savioni è entusiasta dell'incontro al punto da prestare al falso trafficante l'automobile, che in questura viene imbottita di microspie. Nel frattempo, oltre a quelli di Patrizia Raggiani, sono stati messi sotto controllo i telefoni della maga Pina, di Benedetto Ceraulo, 35 anni, e Orazio Cicala, 58 anni, due siciliani del giro di Savioni. Il 24 gennaio il portiere e Carlos s'incontrano per la seconda volta. C'è stato un omicidio a Milano e c'è una signora che ne ha tratto molti benefici ma non sgancia. Si tratta di darle una "lezione". Carlos ascolta, annuisce. Poi Savioni vede Pina la maga. Parlano in auto. "Se quella non paga, ci facciamo portare la sua testa dal colombiano".

All'alba del 31 gennaio la Criminalpol arresta Patrizia Reggiani per omicidio volontario premeditato. Ossessionata, accecata dalla gelosia. Disposta a tutto, secondo l'accusa, pur di non perdere lo status di "signora Gucci" e i relativi privilegi a favore della nuova compagna di Maurizio. Una tesi che sarà confermata nei tre gradi di giudizio. In manette con lei anche Benedetto Ceraulo, considerato l’autore materiale dell'agguato, l'autista Orazio Cicala, Pina Auriemma, accusata di avere organizzato l'omicidio su mandato di Patrizia, e Ivano Savioni, amico dell'Auriemma, che avrebbe arruolato la batteria e trattato con la Reggiani un compenso di 600 milioni di lire per l'azione. Una strampalata compagnia di giro. Tutti chiamati a mettere in scena un copione straordinario.

Patrizia Reggiani si difende con un memoriale, per sostenere di essere è stata coinvolta contro la sua volontà. Tutta colpa dell'amica Pina che, stanca di sentirla parlare male del marito, senza informarla, avrebbe pensato di farle cuna specie di "regalo". La maga non ci sta, accusa a sua volta Patrizia di averle promesso due miliardi se si fosse addossata tutte le colpe. Savioni, il portiere d'albergo, confessa. Poi è la volta di Orazio Cicala. L’unico a non capitolare è Benedetto Ceraulo, che per tutto il processo non smetterà di proclamare la sua innocenza.