
Sergio Scalpelli è stato fra i fondatori del Foglio e assessore con Gabriele Albertini
Milano, 23 agosto 2025 – Sergio Scalpelli è un dirigente d’azienda, ha le sue radici nel mondo del comunismo milanese, osservanza migliorista, è stato fra i fondatori del Foglio e assessore con Gabriele Albertini, in una giunta di centrodestra. Soprattutto, ha visto nascere a fine anni Novanta il modello della Milano verticale che è oggi sotto accusa. E non ha mai smesso di difenderlo.
Il Riesame ha tolto dai domiciliari Manfredi Catella. L’inchiesta milanese sull’urbanistica si è afflosciata?
"Sul piano giudiziario sei misure su sei sono state cancellate: non è una sentenza, ma un’indicazione sullo stato dell’arte dell’indagine... e non mi pare una promozione. Sarò un ultrà, ma penso che prima di mettere in discussione politiche pubbliche che hanno prodotto la grande riqualificazione urbana degli ultimi venticinque anni sarebbe stato meglio rifletterci. Per le carte della Procura il modello Milano è solo una consorteria, un patto spartitorio che ha intorbidito e distrutto le politiche territoriali. Lo dico chiaramente: è una balla colossale. E lo dimostra il fatto che questa è l’unica realtà metropolitana a essere cresciuta. E tutta la politica, centrodestra e centrosinistra, dovrebbe insorgere davanti a un simile giudizio".
Intanto a Milano gli oneri di urbanizzazione sono notevolmente più bassi che in altre realtà europee... Non tutto il modello è virtuoso.
"Gli oneri bassi sono serviti ad attrarre grandi gruppi. Ma è un tema che nella revisione dello strumento urbanistico comunale andrà affrontato. Quando una città conosce trasformazioni così forti, si determinano effetti sociali, urbanistici, che vanno gestiti progressivamente. Bisognerà anche ridefinire l’equilibrio fra pubblico e privato: una parte dei grandi interventi deve essere a edilizia convenzionata, come è necessario ridare un futuro ai tanti alloggi popolari vuoti. Non si può prescindere dal profitto di chi investe, ma servono soluzioni per giovani professionisti, famiglie in formazione, neolaureati che vengono assunti qui: chi si occupa di innovazione digitale deve stare a Milano, ma gli stipendi di ingresso sono bassi. Il tema si affronta con la contrattazione territoriale o la gabbie salariali. Ma anche l’urbanistica deve pensare a garantire ai giovani la possibilità di restare. E poi serve una revisione delle città metropolitane. Il sindaco va eletto direttamente nell’intera area, e deve gestire politiche di sicurezza, infrastrutture materiali e informatiche, trasporti e ambiente per tre milioni e mezzo di persone".
La cosa più politica di queste settimane l’ha detta il presidente del Tribunale Fabio Roia, invitando il Comune a gestire insieme ai magistrati una strategia per rientrare nelle regole.
"Quella di Roia è stata un’intervista intelligente, con un grave vulnus: è la politica che deve decidere e deve riappropriarsi del processo. Prima che partano forzature esterne, come questa inchiesta, per me fragile al limite dell’inconsistenza. Anche le chat mostrano che c’era un’interlocuzione in corso con la Procura. L’inchiesta radicalizza le posizioni e produce il solito danno da invasione di campo. Nelle pagine dei pm ci sono troppi giudizi, troppi aggettivi e non vedo reati".
Politica debole?
"Da trent’anni i partiti sono deboli. E questo è rafforzato dai sistemi elettorali, che scelgono il leader, locale o nazionale. Non c’è dibattito, anche in Consiglio comunale. Serve efficienza e rapidità, certo, ma negli snodi fondamentali d’indirizzo serve la politica, il vero principe".
Come finisce?
"Se fossi il sindaco, proporrei di convocare gli Stati Generali di Milano, un confronto bipartisan, per tracciare le linee dello sviluppo per il 2050. Politica territoriale, welfare e sicurezza. Ci si può dividere sulle misure, ma questo restituirebbe alla politica il proprio ruolo. Ma prevarranno soluzioni a breve respiro e gli interessi elettorali. Lo scatto d’orgoglio, però, è necessario. lo fece Albertini con gli Stati Generali del 1998 che coinvolsero l’insieme della città e furono conclusi da Romano Prodi, allora premier... Mi auguro che le forze centriste, i riformisti del Pd, l’ex Terzo polo e Forza Italia, che qui insieme valgono il 25 percento, avanzino una loro proposta".