
Il Rapporto Montagne è stato presentato a Gardone Val Trompia
Milano, 14 settembre 2025 – La stagione del risveglio: la montagna lombarda inverte la rotta dello spopolamento. Non dappertutto è così, perché il ritorno ai monti è legato a investimenti e politiche concrete per realizzare infrastrutture digitali, accesso ai servizi, sostegno all’imprenditorialità giovanile e rigenerazione del patrimonio abitativo.
In generale, però, secondo l’edizione 2025 del Rapporto Montagne (pubblicato dopo un’assenza di otto anni), la montagna in Lombardia ha visto un saldo migratorio del +21,8 per mille dal 2019 al 2023. Non è un unicum: il rapporto (nato nell’ambito del Progetto Italiae del Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed attuato dall’Uncem) parla di 100mila nuovi ingressi nelle zone montane negli ultimi anni. Se tra il 2009 ed il 2013, le comunità territoriali della montagna sono state investite da un flusso di immigrazione di stranieri che hanno compensato le uscite, tra il 2014 ed il 2018 l’afflusso migratorio di popolazione straniera nelle comunità territoriali della montagna italiana si è raffreddata significativamente.
Tra il 2022 ed il 2023, dopo il Covid, i movimenti della popolazione in ingresso e in uscita dalla montagna sono tornati positivi. Questi trend sono ben rappresentati dai dati lombardi, illustrati in Comunità montana della Val Trompia. Nei 506 comuni raggruppati nelle 30 comunità montane lombarde, il saldo migratorio è stato dell’8,65 per mille tra il 2009 ed il 2013 (+275 per mille stranieri, -9,34 italiani); si è scesi ad un +2,89 per mille tra il 2014 ed il 2018 (+68,9 stranieri, -1,11 italiani); nel periodo 2019-2023 si è arrivati al +21,81 per mille, con una crescita sia degli stranieri (53,09), che degli italiani (20,17). Un respiro di sollievo dopo anni di progressivo spopolamento.
Il pericolo non è del tutto scongiurato, ma almeno sembra essere stata imboccata la strada del riscatto. Così va letto, ad esempio, il saldo migratorio medio più elevato, tra 2019 e 2023, nell’Oltrepò pavese (54 per mille, nonostante il -48,4 degli stranieri) che pure continua a fare i conti con il rischio spopolamento. In negativo, Alta Valtellina (-0,9), Valsaviore (-11,4) e Cimbergo Paspardo (-18,9). “I dati – ha commentato Marco Bussone, presidente nazionale Uncem – confermano una nuova vitalità della montagna italiana, frutto di politiche mirate e di un rinnovato interesse verso i territori interni”.
Si deve ancora agire sul fronte lavoro: il tasso di occupazione della montagna è al 38,5%, più basso della media nazionale (45%). In Lombardia, il dato più alto è il 46,8% del basso Sebino e Bronzone, seguito da bassa Valle Camonica (45,7%) e Sebino Bresciano (44,7%); fanalini di coda sono Piambello e valli del Verbano, attorno al 35%. Più basso della media nazionale è anche il reddito imponibile pro-capite della montagna, circa 17.800 euro al 2022 contro una media nazionale di 22.800 euro. In Lombardia, solo il Lario orientale Valle San Martino supera il dato nazionale con oltre 26mila euro; il livello più basso si riscontra in Valli del Verbano 2, con 15.601 euro.