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Peschereccio mitragliato in Libia, il comandante: hanno sparato all'Italia, non solo a me

Oltre al danno la beffa per Giuseppe Giacalone che ora chiede il dissequestro dell'Aliseo per tornare a pescare: "Devo lavorare"

Giuseppe Giacalone

Mazara del Vallo (Trapani) - Non bastassero la "guerra del pesce" nel Mediterraneo, i colpi di mitra al suo peschereccio, la ferita alla testa e l'assalto dei "colleghi" turchi agli altri pescherecci della flotta di famiglia pochi giorni dopo, ci si mette anche la "burocrazia" investigativa e il sequestro dello scafo. E' vibrante lo sfogo di Giuesppe Giacalone, il comandante dell'Aliseo, il  peschereccio centrato dai colpi di mitra della guardia costiera libica il 6 maggio al largo di Bengasi. Se ora la sua barca non verrà dissequestrata in tempi brevi, Giacalone annuncia di incatenarsi alla Capitaneria di porto di Mazara del Vallo, cittadina in provincia di Trapani dove ha sede l'attività.

Peschereccio Aliseo (Ansa)
Peschereccio Aliseo (Ansa)

 "La mia barca e' sotto sequestro da oltre sette giorni per le indagini, ma io devo dare da vivere a sette persone che sono con me: oltre al danno ricevuto sto subendo anche la beffa. Se domani non libereranno il mio peschereccio andro' a incatenarmi davanti alla Capitaneria di porto", ha detto ieri il comandante dell'Aliseo che mercoledì dovrebbe nuovamente solcare le acque maltesi a caccia di pesce.  La società dell'armatore Alessandro Giacalone (figlio del comandante), infatti, ha già firmato, mesi addietro, un contratto con una società di Malta per il traino delle gabbie di tonni. E per questo dovrebbe essere impiegato proprio il motopesca Aliseo. ll natante, però, è ormeggiato al porto di Mazara in attesa che il Ris dei carabinieri effettui alcuni sopralluoghi tecnici su delega della Procura di Roma che ha aperto un'inchiesta dopo il mitragliamento da parte della Guardia Costiera libica. "Rischiamo di perdere tutto e pagare le penali se non ottemperiamo al contratto - ha detto il comandante - Giacalone - tutto il mio equipaggio ha necessità di lavorare e non possiamo permetterci di stare fermi". 

Non hanno sparato a me ma all'Italia

 "Come pescatore sono morto, non ce la faccio più'. Oggi la pesca a Mazara del Vallo e' finita, nessuno si fida piu' e abbiamo il problema del personale da trovare". spiega ancora Giacalone. "Non hanno sparato a me, hanno sparato all'Italia - aggiunge - "A mio avviso c'e' qualcosa che non va in politica estera-. Fino a due anni fa lavoravamo in queste zone e nessuno ci disturbava, ma da settembre dello scorso anno c'e' qualcosa che non va. Non sono un esperto e dico questo da pescatore: c'e' un problema politico".Il racconto prosegue: "Sparavano ad altezza d'uomo - ricorda Giacalone, intervenuto all'incontro in remoto 'Licenza di pesca, non di sparare', trasmesso sulla pagina Facebook di Italia viva Sicilia -. Il peschereccio ha preso 81 colpi, ma ne hanno sparato piu' di cento. Ero ferito e a un certo punto ho deciso di fermarmi. Io e il nostromo siamo saliti sulla loro motovedetta mentre tre di loro, armati, si trovavano sul nostro peschereccio. In quel momento non mi hanno trattato male, mi hanno curato la ferita ma mi hanno anche detto che se avessero avuto un Bazooka ci avrebbero sparato e che se non mi fossi fermato ci avrebbero lanciato delle bottiglie incendiarie. Volevano bruciarci vivi, e' stata una cosa indimenticabile" "Voglio sapere questi pirati, questi assassini dove saranno processati. Voglio soddisfazione". La marina libica, dal canto suo, ha comunicato che una sua motovedetta è stata speronata dall'Aliseo e di aver avvisato diverse volte prima di sparare.