Covid, in Regione il caos acquisti Aria. Ospedali senza mascherine: "Non ordinate per risparmiare"

La direzione Welfare: "Se costano troppo non le comprano, non capiscono la situazione". E ad Alzano tutto esaurito, il manager si lamenta: "Costante sottostima del nostro fabbisogno"

Presidio di protesta davanti all'ospedale di Alzano Lombardo

Presidio di protesta davanti all'ospedale di Alzano Lombardo

Milano – Le scorte di mascherine e altri Dispositivi di sicurezza non c’erano e, quando è scoppiata la pandemia, la centrale acquisti della Regione Lombardia Aria "non ha acquistato milioni di Dpi perché ha ritenuto il prezzo troppo alto".

È una delle contestazioni emerse nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della pandemia e sulla mancata istituzione della zona rossa di Alzano e Nembro. Agli atti ci sono chat che mettono sotto accusa la struttura regionale, diretta all’epoca da Filippo Bongiovanni, che risalgono a marzo 2020, quando ospedali, case di riposo e altre strutture sanitarie lombarde erano alla affannosa ricerca di Dpi e si moltiplicavano le richieste alla Regione.

"Aria non vuole comprare Dpi se costano troppo – scriveva il 21 marzo Aida Andreassi, medico della direzione generale Welfare a Marco Salmoiraghi, vice dell’allora dg Welfare della Regione Luigi Cajazzo -. Lui ha trovato trentamila camici a 11 euro e Aria non ha voluto comprarli". Quattro giorni dopo Andreassi scrive direttamente a Cajazzo, esprimendo tutto il suo disappunto: "Venerdì non riusciremo a dare i dispositivi al personale. Ieri Aria ha perso un ordine di due milioni di mascherine perché sembra non si siano sbrigati nei tempi richiesti. Oggi c’è la disponibilità di altro materiale ma in Aria non capiscono. Venerdì il personale non avrà la dotazione standard richiesta".

Parole che vanno lette riavvolgendo il nastro a quel marzo del 2020, quando mascherine e altri dispositivi erano divenuti introvabili, e un sottobosco di truffatori e speculatori approfittava della situazione. Agli atti dell’inchiesta chat e documenti che secondo gli investigatori dimostrano "le inefficienze di Aria, e di quanto ciò ha comportato nella gestione della pandemia". Inefficienze di cui "sono a conoscenza" anche Cajazzo, l’allora assessore Caparini e "probabilmente anche il presidente Fontana". E la centralizzazione degli acquisti destinati alle strutture sanitarie, decisa nell’ottica di una maggiore efficienza e per ridurre gli sprechi, avrebbe in realtà rallentato la macchina in piena emergenza.

L’accusa mossa alle strutture regionali è quella di aver distribuito mascherine, tamponi e altri Dpi "secondo criteri non proporzionali al numero dei pazienti positivi per territorio, almeno sino alla prima decade di marzo". Quindi gli ospedali come quelli della Bergamasca e in altre zone dove si moltiplicavano i contagi sono rimasti sguarniti. "Regione Lombardia ha destinato alla Asst Bergamo Est – annotano gli investigatori – Dpi, tamponi ed altro, non solo in misura inferiore al necessario ma, addirittura, senza una scala di priorità che tenesse conto dell’espansione del contagio sul territorio". Una "sottostima" delle esigenze che aveva portato a "destinare beni in egual misura ad altre aziende sanitarie lombarde dove il contagio era molto più basso o addirittura quasi assente, come Sondrio".

Intanto dalla Bergamasca arrivavano a Palazzo Lombardia decine di email di medici e dirigenti sanitari dalle quali, nel linguaggio burocratico, traspare la rabbia, l’allarme e il dolore di chi lottava in prima linea. Francesco Locati, all’epoca dg della Asst Bergamo Est, il 7 marzo 2020 scriveva alla direzione generale Welfare della Regione esprimendo "una vibrata rimostranza per la costante sottostima del fabbisogno di Dpi di questa Azienda", competente anche sul territorio di Alzano e Nembro. "Se non cambierà tempestivamente la lista di distribuzione, riconoscendo il vero, reale fabbisogno di questa Asst per garantire la continuità di cura – concludeva – non oso pensare ai profili di responsabilità nei confronti dell’epidemia in corso".