Super green pass e terza dose: dopo sei mesi scade e poi? Le ipotesi sul tavolo

Il problema riguarda soprattutto i fragili, che hanno ricevuto il booster tra settembre e ottobre e si vedranno il pass scadere già a marzo

Il problema riguarda soprattutto chi ha fatto la terza dose per primo

Il problema riguarda soprattutto chi ha fatto la terza dose per primo

Milano, 23 gennaio 2022 - Mano a mano che si avvicina il primo febbraio si fa più pressante una domanda che al momento non trova risposte certe: dal momento che il Super green pass (quello che si ottiene con la vaccinazione o la guarigione) vedrà accorciarsi la scadenza da nove a sei mesi, cosa dovranno fare quei soggetti che la dose booster l'hanno fatta per primi? Per intenderci, i soggetti estremamente vulnerabili o fragili come gli immunodepressi, per i quali la campagna per la dose addizionale è iniziata a fine settimbre, inizio ottobre. 
Sono proprio queste persone che già a fine marzo rischiano di rimanere senza certificazione rafforzata, ormai necessaria per fare quasi tutto. Proprio loro che, invece, hanno fatto ogni passo richiesto per, da un lato, essere protetti dalla malattia grave, e dall'altro essere in regola con i decreti che si sono via via susseguiti. 
 
 

Verso la proroga per chi ha tre dosi

E quindi che succederà? Di quarta dose ancora non si parla, quanto meno non per tutta la popolazione. Ma i già "tri vaccinati" si chiedono cosa dovranno fare per continuare ad avere il Super green pass almeno fino a giugno, quando dovrebbe scadere l'obbligo di avere il Green pass per lavorare. A meno di non volerli obbligare a fare i tamponi ogni 48 ore. E ancora, i fragili si chiedono: a tre, quattro mesi dalla terza dose, siamo ancora sufficientemente coperti? Risposte ufficiali ancora non ce ne sono, ma il tempo stringe e sembrerebbe che il Governo stia pensando di prorogare la validità del Super green pass a chi ha già la terza dose per il tempo necessario a capire se e quando fare un ulteriore richiamo. 

Il contrasto insanabile con la norma europea

Ma c'è di più. Mentre il pass italiano varrà solo sei mesi, quello europeo continuerà a valere nove mesi dal primo ciclo di vaccinazione, senza contare il booster, per il qualce non è previsto nemmeno un termine. Questa discrasia pone dei problemi di legittimità? "C'è un contrasto che mi pare insanabile, un problema di legittimità e compatibilità comunitaria che a mio parere va corretto subito. Il rischio è che per i cittadini italiani la frequenza della vaccinazione sia maggiore che per gli altri cittadini europei. Il primo febbraio si creerà una situazione di conflitto tra due norme che entrano in vigore lo stesso giorno. Ma il diritto nazionale che contrasta con il diritto europeo direttamente applicabile non dovrebbe valere". A rispondere è il costituzionalista Giovanni Guzzetta, professore di diritto pubblico presso l'università di Roma Tor Vergata, che afferma: "Dato che il Parlamento in questi giorni sta discutendo la Conversione del decreto, sarebbe opportuno che le camere dedicassero una particolare attenzione a questo punto, per evitare un contenzioso molto vasto da parte dei cittadini. Anche perché più si riduce la durata della certificazione, più sono le dosi che gli italiani sono tenuti a farsi somministrare per assicurarsi di avere la certificazione verde in Italia". 
In più c'è anche da dire che pochi giorni prima che il Governo italiano approvasse la riduzione a sei mesi, la commissione europea aveva approvato un regolamento delegato di attuazione del regolamento del consiglio del parlamento per garantire la libertà di circolazione all'interno dell'Ue stabilendo due principi sulla validità delle certificazioni: il primo che sul primo ciclo di vaccinazione la validità del certificato verde in Europa debba essere di nove mesi; il secondo che non debbano essere stabiliti al momento limiti alla certificazione relativa al richiamo o booster.