Green pass falsi venduti sul web: nei guai insospettabile studente legato ad hacker russi

Il caso denunciato da una modella di Genova che aveva cercato di comprare il certificato per 150 euro. La giovane caduta in trappola era finita sotto ricatto

Lo studente aveva già incassato 20mila euro

Lo studente aveva già incassato 20mila euro

Ordina in chat un Green pass falso e lo paga 150 euro, ma quando capisce che non lo avrà mai e di essere caduta vittima di un ricatto, si rivolge alla polizia. E' stata la denuncia di una modella genovese a permettere agli investigatori della Postale di risalire a uno studente che, grazie alle sue non comuni capacità informatiche, era diventato il referente italiano di un gruppo di pericolosi hacker russi specializzati nella creazione di certificati verdi taroccati Nel giro di pochi mesi il giovane era riuscito a incassare 20mila euro, investiti in parte in criptomonete e in parte spesi in prodotti hi-tech di ultima generazione, capi di abbigliamento, prodotti di bellezza. I suoi genitori, risultati estranei ai fatti, sono rimasti choccati dalla scoperta delle attività illegali del figlio, di cui avevano apprezzato lo spirito imprenditoriale, nella convinzione che il denaro guadagnato fosse il ricavato della vendita upgrade per giochi online.

Tutto comincia quando la modella, desiderosa di mantenersi in forma e sostanzialmente contraria al vaccino, cerca in rete la scorciatoia per poter andare in palestra: un Green pass falso. Così, come da richiesta, invia i documenti e la somma richiesta, ma l'attesa del documento risulta vana e la giovane realizza di essere finita nella trappola di uno sconosciuto che peraltro, minacciando di denunciarla, inizia a ricattarla e a pretendere altro denaro. Impaurita dalle intimidazioni, la donna decide di denunciare tutto alla polizia postale di Genova.

E le complesse indagini della sezione Financial Cybercrime portano fino a un appartamento nel Lazio. Dove agli occhi dei poliziotti si presenta però non un navigato malfattore ma un insospettabile studente. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori il giovane, che gestiva direttamente i canali Telegram su cui erano offerti in vendita i certificati contraffatti, dopo aver ricevuto la richiesta dell'utente comunicava i dati al 'collega' hacker russo e questi forniva le indicazioni su come procedere al pagamento. Per poter confezionare un certificato credibile, il gruppo criminale richiedeva l'invio della copia dei documenti d'identità che venivano poi utilizzati per aprire conti online, carte di credito o account sulle principali piattaforme di e-commerce. Lo studente per rendere ancora più corposa la propria attività acquistava applicazioni cosiddette Bot in grado di moltiplicare i membri di Telegram con utenti fake. L'indagine, diretta dal sostituto procuratore di Genova Federico Panichi, e coordinata dal Servizio Polizia postale e delle comunicazioni di Roma, è oggetto di approfondimenti per gli eventuali sviluppi transnazionali.