Strage funivia Mottarone, niente arresti per gli accusati

La Cassazione ribalta l’ordinanza del Riesame: nuova decisione sui domiciliari per i responsabili dell'impianto su cui morirono in 14

I rilievi della commissione ministeriale sui resti della cabina schiantata sul Mottarone

I rilievi della commissione ministeriale sui resti della cabina schiantata sul Mottarone

Niente domiciliari. Nuovo ribaltone in aula sulle misure cautelari per gli indagati della strage del Mottarone, quattordici morti causati dallo schianto della funivia da Stresa alla cima della montagna affacciata sul lago Maggiore lo scorso 23 maggio.

La Cassazione ha accolto il ricorso dei legali contro la decisione del Riesame di Torino di accettare l’istanza della Procura di Verbania che chiedeva gli arresti per Luigi Nerini, titolare della società di gestione dell’impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio. Per i magistrati del capoluogo piemontese la funivia "era gestita con superficialità e spregiudicatezza", mentre "al concessionario e al direttore di esercizio vanno applicati gli arresti domiciliari in attesa della conclusione delle indagini e del processo". Una scelta che però era stata congelata, in attesa, appunto, della pronuncia della Cassazione sui ricorsi immediatamente avanzati dagli avvocati. Ieri, la Corte ha depositato il provvedimento in cui annulla la decisione del Riesame nei confronti del direttore dell’impianto Perocchio, limitatamente alla scelta della misura, cioè alla scelta dei domiciliari, senza esprimersi sulle esigenze cautelari e quindi sul quadro indiziario che restano implicitamente confermati. Per il titolare della società Nerini è scattato invece l’annullamento dell’intero provvedimento. Comprese quindi le considerazioni sui motivi di custodia cautelare e sugli indizi. Mancano, però, ancora le motivazioni.

Tutto nasce il 29 maggio, sei giorni dopo il disastro in cui era sopravvissuto soltanto il piccolo Eitan, orfano dei genitori e al centro di un caso di sottrazione e scontro internazionale fra parenti sull’asse Pavia-Israele. Quel giorno il gip di Verbania aveva respinto la richiesta di convalida del fermo per i due indagati, e accolto la misura dei domiciliari soltanto per un terzo soggetto, il caposervizio Andrea Tadini. Fu sconfessata quindi la linea del procuratore Olimpia Bossi e della pm Laura Carrera. A differenza di Tadini, arrestato e poi tornato libero per decorrenza dei termini, a Nerini e Perocchio non è mai stata applicata una misura cautelare. L’indagine sul disastro, che ha puntato tutto sulla carenza di manutenzione e sull’aggiramento dei sistemi di sicurezza per non bloccare l’attività dell’impianto, non è però finita e attende l’esito dei rilievi tecnici.

"Bisogna distinguere le due posizioni – spiega Olimpia Bossi –. Per quanto riguarda Perocchio, la Cassazione, rigettando il ricorso contro l‘ordinanza del Riesame e rinviando per la sola rivalutazione del tipo di misura cautelare, ha di fatto confermato il quadro indiziario. Per Nerini – prosegue – l’annullamento con rinvio non è una sconfessione. Sarà necessario attendere le motivazioni, perché la scelta potrebbe essere dovuta anche a un difetto di procedura. I tempi – conclude il magistrato – saranno comunque lunghi, perché le motivazioni devono essere depositate entro trenta giorni, poi il Riesame deve fissare un nuova udienza. Se ne riparlerà in autunno. Ma a questo punto il tema delle esigenze cautelari diventa meno rilevante. Aspettiamo l‘esito delle perizie, che sono centrali".