Oggi è l’equinozio di primavera 2024: cambio di stagione, riti e tradizioni in Lombardia

Festeggiato in tutte le culture è il “momento" astronomico della rinascita e dei falò di San Giuseppe

Selfie di primavera a Milano

Selfie di primavera a Milano

Primavera in anticipo quasi ovunque con sole e temperature miti, l’inverno è ormai alle porte. L’equinozio di primavera cade oggi, mercoledì 20 marzo 2024 (non il 21, come vorrebbe la tradizione) dando inizio alla nuova stagione.

Cos’è l’equinozio di primavera

L’equinozio di primavera è un preciso momento astronomico, che avviene quando il circolo di illuminazione (che divide la metà del globo terrestre illuminata da quella che rimane "al buio") passa per i poli terrestri e la radiazione solare è perfettamente perpendicolare all’Equatore e all'asse terrestre. Durante l'equinozio in tutti i luoghi della Terra la giornata è scandita da 12 ore di luce e 12 ore di buio. Non esiste solo l'equinozio di primavera, ma anche l'equinozio di autunno.

Significato e origini

La parola equinozio deriva dal latino aequĭnoctĭum, che significa “notte uguale (al dì)”, cioè quel giorno dell’anno, appunto, in cui le ore del giorno e quelle della notte si equivalgono. L’equinozio di primavera è nel mese di marzo, ogni anno cade tra i giorni 19, 20 e 21, quando per noi che abitiamo nell’emisfero boreale, si dà inizio ufficialmente alla primavera: il giorno si allungherà sempre più rispetto alla notte, raggiungendo il suo massimo durante il solstizio d'estate. Mentre nell'emisfero australe è l'opposto: per esempio, il mese di marzo in Argentina segna il passaggio dall’estate all’autunno. Nonostante l’equinozio sia identico per tutto l’emisfero nord, in alcuni paesi, come ad esempio in Russia, le stagioni iniziano il primo del mese.

Quando cade e a che ora

Secondo la tradizione il primo giorno di primavera è il 21 marzo, ma in realtà non è un evento così preciso ed è più giusto collocarlo tra il 19 e il 21 marzo. Per la precisione nel 2024 l’equinozio di primavera cadrà il 20 marzo alle ore 04:06 italiane, in quel momento inizia la primavera del 2024 che durerà esattamente 92 giorni e 18 ore. Terminerà con l'inizio dell'estate nel giorno del solstizio, che quest'anno sarà il 20 giugno.

Perché non cade sempre lo stesso giorno

L’equinozio non avviene sempre lo stesso giorno, perché la Terra non impiega esattamente 365 giorni per compiere un giro completo attorno al Sole, ma 365 giorni e 6 ore (anno siderale, diverso dall’anno segnato dal calendario). Proprio per via di questi ritardi accumulati, un equinozio può verificarsi in momenti diversi. L’introduzione dell’anno bisestile consente poi il recupero di 24 ore ogni quattro anni. Dal 2007 e almeno fino agli anni del 2030, la primavera non arriverà esattamente il 21 marzo, ma anticiperà al 20 marzo. A partire dal 2044 potrebbe anticipare ancora, arrivando il 19 marzo. Sarà così fino al 2100, quando la primavera tornerà a cadere il 21 marzo.

Riti e tradizioni

Gli equinozi sono eventi riconosciuti e festeggiati in tutto il mondo, in particolare nelle culture antiche l’arrivo della primavera rappresentava un’occasione di maggiore prosperità, di rinascita. Nell’antica Mesopotamia l’anno nuovo coincideva con l’equinozio di primavera e tutt'oggi è il primo giorno del calendario iraniano. Nell’antico Egitto si celebrava il ritorno dell’equinozio con la festa Sham el Nessim, che è ancora una festività nazionale legata alla fertilità della terra. Per l'occasione già 4700 anni fa alle divinità si offrivano pesce, lattuga e cipolle e ci si riuniva per fare pranzi all’aria aperta a base cibi di buon auspicio, su tutti le uova. Non è un caso, poi, che la Pasqua cristiana si calcoli a partire dall’equinozio e che cada nella prima domenica dopo il plenilunio (la luna piena). L'inizio della primavera è un giorno di festa anche per i giapponesi che, in occasione del Shunbun no hi visitano le tombe di famiglia passando del tempo con i parenti. Questo è anche il periodo in cui fioriscono i bellissimi ciliegi. Anche in molte altre culture il passaggio dall’inverno alla primavera è motivo di grandi festeggiamenti, è considerato festività nazionale per l'Azerbaigian, l'Afghanistan, l'India, la Turchia, Zanzibar, l'Albania e diversi paesi dell'Asia Centrale, è festa anche per i curdi.

El tredesin de Marz a Milano

Nella tradizione milanese "El Tredesìn de Marz" (il 13 marzo) è la festa di primavera, con cui si annuncia il cambio di stagione e si organizza la Festa dei Fiori, una ricorrenza di origine religiosa nata nel medioevo ma entrata poi a far parte della tradizione. La leggenda narra che il 13 marzo del 51 d.C. l’apostolo Barnaba arrivò a Milano e mentre camminava la neve intorno a lui si scioglieva e sbocciavano fiori. Una volta entrato in città dalla porta Vigentina, Barnaba piantò una croce di legno appena costruita in una pietra rituale celtica come simbolo dell’evangelizzazione della città; ancora oggi la pietra, rotonda e con 13 raggi incisi, è situata nella navata della chiesa di Santa Maria al Paradiso di Milano. E ogni anno nei quartieri milanesi di Porta Romana e Vigentino torna la “Fiera del Tredesin de Marz”, la piazza antistante la chiesa di S. Andrea, in via Crema e le vie limitrofe si riempiono di banchetti di viole, di gerani, delle prime rose. Un evento che lo scrittore Emilio De Marchi nel 1902 raccontava così nel suo romanzo ‘Milanin Milanon’: “E quî giornad del tredesin de Marz? Gh’era la fera, longa longhera, giò fina al dazi, coi banchitt de vioeur, de girani, coi primm roeus, e tra el guardà, l’usmà, el toccà, se vegneva via col coeur come on giardin…”.

Questa festa popolare, un tempo longhera perché abbracciava i quartieri da porta Genova al Vigentino fino alle periferie, dal 1989 viene organizzata da Quei del Tredesin, l’associazione di commercianti e residenti di Porta Romana e del Vigentino per valorizzare i quartieri, promuoverne la crescita e la qualità di vita.

La tradizione vuole, inoltre, che fosse uso e costume tagliare i capelli ai bambini proprio in questo giorno, con la convinzione che sarebbero cresciuti più forti, più robusti e belli.

I falò di San Giuseppe

In tutta Italia per celebrare la fine dell’inverno, vengono organizzati il 19 marzo dei grandi falò, i cosiddetti “Falò di San Giuseppe”, secondo un’antica tradizione pagana. Un rito che simboleggia il passaggio alla primavera che si celebra bruciando un fantoccio, spesso una “vecchia”, la strega. In alcuni casi, la “vecchia” non viene messa sul rogo ma decorata e riempita di cibo (collane di salsiccia e arance, frutta secca) e tagliata: poi le cibarie vengono distribuite tra i bambini. Un tempo in tutte le piazze si accendevano migliaia di falò, oggigiorno ardono ancora solo in alcuni piccoli comuni spesso accompagnati da sagre. Tra le feste più partecipate, che ancora sopravvivono, va ricordata la “La Tiràda di Tòle” a Zogno, in provincia di Bergamo, si celebra a fine marzo per cacciare via l’inverno e dare il benvenuto alla primavera e alla bella stagione. Una festa secolare, tramandata da fine ‘700, profondamente legata alle radici contadine di Bergamo. Durante la festa si trascinano lunghe file di lattine legate con filo di ferro battendole con robusti bastoni così da dare vita ad un sonoro carosello che scacci gli spiriti della mala stagione e il freddo accogliendo la primavera. Quest’anno “la cacciata di marzo”, si svolgerà lunedì 1 aprile 2024 (l’evento è posticipato per via della Pasqua che cade il 31 marzo).

A Lezzeno, frazione di Bellano, sulla sponda orientale del lago di Como in provincia di Lecco, ogni anno torna la tradizionale Festa di San Giuseppe tra falò accesi lungo la riva del lago (la sera della vigilia il 18 marzo), leggende, sante messe e tortelli preparati secondo l’antica ricetta. In provincia di Cremona tra le pire periodicamente alzate, rientra a pieno titolo il falò acceso a Castelleone in occasione del giorno di San Giuseppe (quest’anno nel rispetto della normativa regionale sull’accensione di fuochi in vigore fino al 15 aprile, il falò sarà acceso mercoledì 17 aprile) ai piedi della Torre Isso (l’unica parte dell’antica rocca di Castelleone, Castel Manfredi, sopravvissuta alla furia del Barbarossa, nota tra i castelleonesi come “il Torrazzo”) ad opera di un gruppo di volontari gli “Amici del Falò” che di buon mattino, danno inizio all’accatastamento della legna.