Funivia del Mottarone, Cassazione: "Perocchio e Nerini erano consapevoli dei rischi"

La Corte Suprema annulla i domiciliari e chiede di applicare il divieto temporaneo a esercitare la professione al titolare della concessione

Strage di Stresa, la cabina distrutta della funivia del Mottarone (Ansa)

Strage di Stresa, la cabina distrutta della funivia del Mottarone (Ansa)

Verbania - Sono solo formali, cioe' relative a vizi di forma come la mancata acquisizione delle memorie difensive, le motivazioni con le quali la Corte di Cassazione ha annullato l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino, che aveva disposto l'applicazione degli arresti domiciliari per Luigi Nerini e Enrico Perocchio, due dei principali indagati per la tragedia della Funivia del Mottarone che il 23 maggio 2021 costo' la vita a 14 persone. La Cassazione ora ordina al riesame di valutare se «in vista della tutela delle persistenti esigenze cautelari» si possa applicare il solo divieto temporaneo ad esercitare la professione. La Corte ha annullatodunque con rinvio a una nuova sezione del tribunale del Riesame di Torino il provvedimento che aveva disposto gli arresti domiciliari per Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, due degli indagati.

Per la Cassazione, Enrico Perocchio, pienamente consapevole al pari di Luigi Nerini, del problema manifestatosi e della necessità che, in assenza di un radicale intervento di manutenzione, l’impianto funzionasse con il freno di emergenza disinserito, ha espressamente avallato questo incauto modus operandi e per l’altro che i tragici fatti del 23 maggio 2021 hanno interessato una realtà aziendale che aveva già fatto i conti, in passato, con il conflitto tra le esigenze della sicurezza e quelle di natura economica».

  La Suprema Corte, dunque, dimostra - in questi passaggi del verdetto che conta di 26 pagine - di condividere la ricostruzione dei fatti realizzata dalla Procura di Verbania e i capi di imputazione a carico di Perocchio e Nerini per «rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e per omicidio colposo plurimo». Il rifiuto del Tribunale del riesame di Torino di accogliere la memoria difensiva di Luigi Nerini (titolare della concessione della funivia del Mottarone, crollata il 23 maggio 2021 con 14 morti) in vista dell’udienza del 28 settembre 2021, ha determinato «la lesione dei diritti» dell’imputato e «la violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni giudiziarie». 

Per questa ragione strettamente formale e che non entra nel merito delle esigenze cautelari, la Cassazione ha annullato l’ordinanza del riesame che aveva disposto i domiciliari. Ora nuova udienza. Ad avviso della Cassazione, il Tribunale del riesame «ha errato nel negare ingresso alla memoria di Nerini perchè redatta in modo tale da rendere indistinguibili le considerazioni afferenti, rispettivamente, agli elementi già considerati con l’atto di appello e quelli di più recente formazione». Ora il Tribunale del riesame di Torino - conclude il verdetto dei supremi giudici - pronuncerà un nuovo «giudizio» che sarà «libero nell’esito ma emendato dalla ravvisata nullità». Per via di questa violazione del diritto di difesa, la Cassazione, infatti, non si è assolutamente occupata delle «questioni attinenti a gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari» inerenti la posizione di Nerini. 

“È univocamente emerso che la cabina veniva regolarmente utilizzata, oltre che da turisti e viaggiatori, dai dipendenti della Ferrovie del Mottarone srl - per i giri di prova, le verifiche di funzionalità, gli spostamenti dall’una all’altra postazione - e delle ditte incaricate della manutenzione, onde è dato senz’altro apprezzarsi la sussistenza del carattere di diffusività del pericolo creato mediante la volontaria, e illecita, omissione delle cautele prescritte, dalla quale è scaturito, sul piano causale, disastro“, sottolinea ancora la Cassazione nelle motivazioni.

I supremi giudici evidenziano come l’accusa si regga “sul postulato secondo cui l’ingegnere Perocchio, trovandosi in posizione sovraordinata nella scala gerarchica aziendale e avendo il potere, quale direttore di esercizio, di fornire al personale dipendente indicazioni sugli adempimenti da espletare per garantire la sicurezza dei lavoratori, avrebbe istigato, per ragioni di convenienza economica (in attuazione, cioè, di una nitida strategia aziendale, nella cui cornice si iscrive anche l’omessa annotazione sui registri delle frequenti e reiterate défaillances nel funzionamento dell’impianto), Gabriele Tadini (dipendente della Ferrovie del Mottarone ndr) a disattivare il sistema frenante d’emergenza e, precipuamente, a omettere la rimozione del ceppo nell’orario di apertura della funivia al pubblico“.

 Per i giudici della Prima sezione penale della Cassazione, “è evidente, da un lato, che agli indagati si ascrive di avere dolosamente omesso la rimozione dei forchettoni, “id est“ di avere compiuto un’attività - naturalisticamente omissiva - cui Tadini, Nerini e, per quello che qui più direttamente rileva, Perocchio, erano tenuti in dipendenza del ruolo svolto in ambito aziendale e della connessa assunzione di posizione di garanzia rispetto agli obblighi antinfortunistici, sicché va confermata, ai fini della provvisoria contestazione cautelare, la qualificazione del reato come proprio, in quanto commesso da soggetti titolari di speciali obblighi di protezione nei confronti del bene tutelato dalla norma incriminatrice“.

Per i supremi giudici, il Tribunale del Riesame “ha errato nel negare ingresso alla memoria di Nerini perché redatta in modo tale da rendere indistinguibili le considerazioni afferenti, rispettivamente, agli elementi già considerati con l’atto di appello e a quelli di più recente formazione“.