
Elisoccorso
Una magliettina, una giacchetta leggera, i fuseaux e le scarpe da trekking. Un abbigliamento che pensava idoneo per una passeggiata in montagna fino ai 2.700 metri del monte Zerbion. Un percorso da lei già affrontato nella stagione estiva e, forse anche per questo, sottovalutato per quanto riguarda le temperature di questo periodo. Probabilmente ingannata anche dalla bella giornata di sole.
Così è morta Aurora Avasilichioaie, l'escursionista di 53 anni di Ivrea (Torino) soccorsa nella notte tra domenica e lunedì sul Monte Zerbion in stato di ipotermia grave dopo un'escursione con indumenti leggeri a 2.700 metri di quota.
Era stata trasportata in elicottero all'ospedale di Losanna, in un centro specializzato, e non aveva mai ripreso conoscenza. Da prassi le autorità elvetiche dispongono l'autopsia quindi il corpo non può ancora rientrare in Italia per il funerale.
Collaboratrice domestica originaria della Romania ed appassionata di escursionismo, era partita domenica pomeriggio dal Canavese, in Piemonte, per un'escursione su un percorso che già aveva affrontato in passato ma in condizioni estive. Vestita con abbigliamento leggero e scarpe da trekking, era riuscita ad arrivare in vetta ma lungo la discesa era rimasta bloccata sul sentiero innevato, all'altezza del Col Portola, a circa 2.400 metri. "Se avesse avuto dei ramponcini sarebbe scesa agevolmente", spiegano i soccorritori, che l'hanno trovata riversa lungo il sentiero con accanto una torcia, ancora accesa.
Aurora, 53 anni, appassionata di escursionismo, pensava di affrontare quel percorso in una manciata di ore e con indumenti leggeri. Come quando, appena un mese fa, aveva portato la bandiera della Pace sulla Cima Bossola, in Valchiusella, o in autunno aveva percorso 42 km di sentieri, tra salite e discese, in appena sette ore. Originaria della Romania, viveva da tempo a Ivrea (Torino), dove lavorava come collaboratrice domestica.
Nonostante le semplici scarpe da trekking, l'arrivo ai 2.722 metri della vetta non è stato complicato. I problemi sono iniziati con la discesa: i piedi che affondano nella coltre nevosa, il rischio di scivolare lungo il pendio e poi il freddo che dopo il tramonto attraversa i fuseaux e la maglia.
Al Col Portola, passaggio obbligato per tornare a valle, è rimasta bloccata. È allora che contatta il marito in Romania e gli invia le sue coordinate. La macchina dei soccorsi si mette in moto alle 21. Passano le ore e una squadra a piedi intravede una torcia accesa lungo il sentiero. Accanto, gli uomini del Soccorso alpino valdostano e della Guardia di finanza di Cervinia trovano Aurora, riversa a terra. È priva di conoscenza ma con deboli segnali vitali. Interviene dalla Svizzera l'elicottero di Air Zermatt, l'unico abilitato al volo notturno. È troppo grave: all'ospedale di Aosta il medico rianimatore decide di trasferirla al centro specializzato di Losanna. Ora la famiglia e gli amici attendono il nulla osta al rientro della salma, per poterle dare l'ultimo saluto. In questi casi le autorità svizzere ordinano l'autopsia. Un esame che poco o nulla aggiungerà a una tragedia che, secondo i soccorritori, poteva essere evitata.