
L'abbattimento del convento
Cremona, 2 luglio 2017 - Almeno una targa. La città cerca di non cancellare del tutto il passaggio di Fra Cristoforo. Una targa ricorderà uno dei personaggi più famosi dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, ma anche della vita cittadina del ’600. Un anno fa circa infatti veniva abbattuto l’ex convento dei Cappuccini, in via Mantova, compresa la cosiddetta «casa dell’ortolano», dove, secondo anche il racconto manzoniano, Ludovico Picenardi, il futuro Fra Cristoforo, si sarebbe rifugiato dopo aver trafitto a morte il marchese Ariberti. Nei giorni scorsi, dopo il via libera della commissione paesaggistica, è arrivato anche quello della commissione toponomastica con la richiesta all’Amministrazione Galimberti di collocare una targa celebrativa nei pressi dell’ex convento dei Cappuccini in via Mantova per ricordare la figura letteraria, storica e umana di Picenardi.
La discussione intorno alla possibilità di creare un percorso manzoniano a Cremona era nata subito dopo l’abbattimento della vecchia struttura ormai fatiscente in via Mantova per far spazio a un complesso abitativo-commerciale: il gruppo Manzoniano cremonese, che fa capo ad Anna Maramotti Politi, aveva chiesto al Comune di ricordare Ludovico. Sono i documenti di archivio a confermare proprio l’identità di Fra Cristoforo, documenti che sono conosciuti da molto tempo, tanto che già in passato, dal 1928 al 1951, la parte iniziale di Via Mantova venne chiamata «via padre Cristoforo Picenardi, cappuccini». Questa particolare denominazione fu determinata dagli esiti del quarto centenario della fondazione dell’Ordine dei Cappuccini, celebrato a Cremona il 7 ottobre 1928, nel salone del palazzo Cittanova. La figura che ci restituisce il Manzoni è quella di un uomo che ha con le proprie azioni incarnato l’espiazione per un omicidio: ragazzotto figlio di un ricco mercante, nonostante le facoltà economiche non riusciva mai ad entrare nella società «bene» perché nobile non era, ma mercante. E proprio questa ragione scatenò il violento duello tra Ludovico o Lodovico e il marchese Giovanni Battista Ariberti: i due, accompagnati dai rispettivi uomini armati come era consuetudine all’epoca, si incontrano sul marciapiede. Uno avrebbe dovuto cedere il passo all’altro. «Nel mezzo vile meccanico» sono le parole che il Manzoni mette in bocca al marchese, talmente offensive che Lodovico non esita a mettere mano alla spada. Ne esce una zuffa storica, che finisce con due morti e gli altri malconci. Lodovico, su invito della gente che ha visto, si rifugia nel convento, in realtà nella casa dell’ortolano adiacente al convento: era un assassino e non poteva calpestare suolo consacrato, a meno che non si fosse pentito. La targa che verrà affissa in via Mantova ricorderà tutto questo.