
Indagine della Gdf di Erba
Erba, 30 aprile 2025 – Sequestro preventivo da oltre 200mila euro a carico di una imprenditrice cinese residente nell’area erbese, indagata per evasione fiscale e per l’impiego di un lavoratore clandestino. Il provvedimento, chiesto dal sostituto procuratore di Como Antonia Pavan e disposto dal Gip di Como, è stato eseguito dalla Guardia di finanza di Erba.
L’indagine
L’attività di indagine è partita da un controllo fiscale svolto dai militari nei confronti di un’azienda del settore metalmeccanico, durante il quale sono emerse numerose irregolarità. I finanzieri avevano subito riscontrato la presenza di due lavoratori senza contratto, uno dei quali di nazionalità cinese, irregolare sul territorio nazionale e già destinatario di un provvedimento di espulsione.
Quest’ultimo è stato denunciato per inottemperanza al decreto di espulsione, mentre la titolare è stata segnalata per aver impiegato manodopera straniera priva di permesso di soggiorno. L’azienda è stata inoltre sanzionata con la sospensione dell’attività, poiché oltre il dieci per cento dei lavoratori risultava impiegato senza regolare assunzione.
L’evasione
Nel corso dell'ispezione fiscale è emerso inoltre che l’impresa aveva indebitamente dedotto costi del tutto estranei all’attività d’impresa – tra cui l’acquisto di ingenti quantità di carne suina e di riso destinati ad un ristorante gestito da un familiare, diversi capi d’abbigliamento firmati, dispositivi Apple e giocattoli – e aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti, emesse da altri imprenditori di origine cinese, con l’obiettivo di evadere imposte dirette e Iva. Da qui, la richiesta di sequestro preventivo, anche per equivalente, di beni fino a concorrenza dell’imposta evasa.
Il sequestro
Durante l’esecuzione del provvedimento, è stato inoltre accertato che la titolare aveva tentato di sottrarre i beni al sequestro simulando l’affitto dell’azienda a una società di capitali, formalmente amministrata da un connazionale ma, di fatto, gestita interamente da lei.
Gli accertamenti bancari hanno confermato che era la stessa imprenditrice a versare gli stipendi sia ai dipendenti sia all’amministratore della nuova società, dimostrando così la creazione fittizia della società con l’intento di eludere le azioni di riscossione coattiva. Per questo è stata anche denunciata per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.