Sequestrata in casa e violentata. Dieci anni dopo ecco le condanne

Sentenza ribaltata in Appello: sette anni di carcere ai tre imputati

Violenza

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Cantù, 26 settembre 2016 - Li aveva denunciati a fine maggio 2007, raccontando di essere stata tenuta segregata per due giorni, durante i quali aveva subìto violenze ed era stata obbligata a bere bibite che contenevano stupefacenti. I tre uomini, finiti a processo nel 2011, erano però stati assolti da quelle accuse. Ma ora la Corte d’Appello di Milano, quasi dieci anni dopo quell’episodio, ha ribaltato la sentenza, condannando ognuno dei tre imputati a sette anni di carcere per violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona. Paradossalmente, l’unico capo di imputazione per il quale i tre erano stati condannati in primo grado, vale a dire la cessione di stupefacenti alla ragazza, è stato dichiarato prescritto.

Alfredo Avossa, 61 anni di Varese e all’epoca socio di un locale pubblico, Adriano Potini, 74 anni, anch’egli di Varese, e Aleks Dokaj, 39 anni albanese che lavorava come buttafuori nel locale di Avossa, hanno già presentato ricorso in Cassazione, per vedere annullata quella sentenza che li dichiara colpevoli, a così tanti anni di distanza. La ragazza, una giovane prostituta romena, all’epoca in Italia da un paio di settimane, si era rivolta ai carabinieri denunciando di essere stata prelevata per strada ad Appiano Gentile, dove lavorava, e portata in un appartamento a Varese. Qui si era ritrovata con i tre uomini, dichiarando di essere stata tenuta segregata per due giorni.

Dopo quella denuncia, che aveva portato all’arresto dei tre imputati, la ragazza era tornata in Romania, abbandonando immediatamente la strada e quella professione, senza mai chiedere alcuna forma di risarcimento. Era risultata introvabile per mesi, ma i giudici erano riusciti a farla testimoniare al processo, dove i tre imputati erano arrivati ormai a piede libero, organizzando un collegamento video con la Corte d’Appello di Bucarest, che aveva rintracciato la ragazza con la mediazione del consolato romeno. Tre ore di testimonianza nella quale aveva ribadito quanto già raccontato ai carabinieri quattro anni prima. Tuttavia i giudici avevano riscontrato una serie di contraddizioni nelle sue dichiarazioni, tali da non consentire una condanna «al di là di ogni ragionevole dubbio». Cinque anni dopo quella sentenza, i giudici della Corte d’Appello di Milano, accogliendo il ricorso presentato dal pm di Como, hanno invece trovato una forte coerenza in quella testimonianza, convergente con le dichiarazioni di un altro testimone, che fin da subito aveva raccolto le confidenze della giovane romena. I tre si sono sempre difesi sostenendo che la ragazza era consenziente, e ora – assistiti dagli avvocati Maruska Gervasoni e Corrado Viazzo – hanno presentato ricorso in Cassazione, per vedere riconosciute le stesse ragioni che già il Tribunale di Como aveva accolto a loro favore.