Como, la violenta e poi si scusa: "Mi farò perdonare"

Lo ha scritto l’ecuadoregno in un sms

Il Dna e il racconto della vittima hanno incastrato lo straniero

Il Dna e il racconto della vittima hanno incastrato lo straniero

Como, 13 settembre 2019 - «Mi farò perdonare in altri modi», le aveva detto qualche ora dopo averla violentata, scrivendole allo stesso numero di telefono con cui, nei giorni precedenti, si erano scambiati alcuni messaggi. I due – una ragazza comasca di 18 anni, e Diego Fernando Jimenez Verdezoto, ecuadoregno di 24 anni residente a Como – si erano conosciuti qualche giorno prima, avevano deciso di vedersi per fare due chiacchiere e bere una birra insieme.

Ma poi la serata, il 30 aprile, si era conclusa con l’aggressione. Jimenez ora è finito in carcere, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare eseguita nelle ultime ore dalla Squadra mobile della questura. Quella sera, mentre camminavano in una zona a ridosso del centro città, i due si erano fermati in un cortile. Avevano con loro un paio di bottiglie di birra, stavano parlando quando Jimenez avrebbe iniziato a cercare di baciare la diciottenne, che ha tentato di allontanarlo.

Ma davanti al suo tentativo di sottrarsi, l’avrebbe bloccata, spinta contro il muro e violentata. Poi se n’era andato, e la ragazza aveva chiesto aiuto agli amici: era stata accompagnata in questura, sottoposta a una visita medica in ospedale che aveva confermato la violenza e consentito di raccogliere alcuni campioni biologici utilizzati nelle indagini. Un paio di giorni dopo lui le aveva scritto, quasi per scusarsi della sua condotta, ma quelle frasi sono diventate un ulteriore elemento di accusa, finite nell’ordinanza di custodia cautelare chiesta dal sostituto procuratore Massimo Astori ed emessa dal gip Laura De Gregorio.

«Non succederà più – le diceva – hai ragione, mi farò perdonare». In questi mesi, le indagini si sono concentrate sull’analisi del Dna di Jimenez, ricavato dalle tracce biologiche lasciate sugli abiti della ragazza, e sulla bottiglia di birra. Inoltre il giudice, nell’emettere l’ordinanza, ha ritenuto che le dichiarazioni della vittima fossero caratterizzate da una «forte genuinità», anche quando parlava della paura paralizzante che le aveva quasi impedito di difendersi, perfettamente convergenti con il racconto degli amici che per primi l’avevano soccorsa.