Fino Mornasco, morì nell’esplosione della villetta: "Nessuna colpa dei genitori"

La procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione per la coppia inizialmente accusata di negligenza

L'abitazione della famiglia

L'abitazione della famiglia

Fino Mornasco (Como), 18 maggio - Nessuna colpa per l’esplosione di Fino Mornasco, avvenuta l’11 maggio 2020 in una villetta di via Liguria ad Andrate, nella quale era morto il ventunenne Alessandro Fino. L’esplosione, avvenuta alle 6 del mattino, aveva dilaniato l’abitazione e provocato danni a decine di metri di distanza. A causarla era stata una reazione chimica generata dalle molteplici sostanze esplosive di cui il ragazzo era appassionato e che deteneva in casa. I genitori, Andrea Fino, 59 anni, e la moglie Loredana Bionda, 53 anni, erano stati indagati con l’ipotesi di aver tollerato "con negligenza e imprudenza" la presenza degli esplosivi con "incongrue modalità di stoccaggio". Ma poi la stessa Procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione, dopo aver ricostruito la "diffidenza e astio della vittima nei confronti dei genitori", rendendo plausibile la possibilità che i genitori nulla sapessero delle attività che il figlio svolgeva chiuso nella sua stanza.

"L’archiviazione – commenta l’avvocato Edoardo Pacia, che assiste i coniugi – non attenua l’immenso loro dolore per la scomparsa di un figlio. Ma questa vicenda dimostra, per l’ennesima volta, come la nostra attuale legislazione non fornisca nessun reale strumento di supporto per affrontare casi difficili come questo. Nonostante l’interessamento dei Servizi sociali, queste drammatiche vicende rimangono abbandonate a se stesse, salvo poi intervenire quando la situazione degenera, con atteggiamento punitivo persino nei confronti di quegli stessi individui che si sono fatti carico in tutti i modi del problema per anni. Lo svolgimento di investigazioni difensive e la produzione di documenti hanno consentito di dimostrare l’assenza di corresponsabilità dei genitori nella detenzione del materiale esplodente. Incontrando l’attenzione di un pubblico ministero e di un giudice umanamente sensibili e centrati rispetto al quadro giuridico. Oltre alla morte del figlio, queste due persone hanno perso l’abitazione e rinunciato alla loro quota di raccolta fondi generosamente effettuata dai compaesani, a favore dei vicini le cui abitazioni sono state danneggiate dallo scoppio. Finendo indagati, in modo davvero kafkiano, per un lungo periodo".