Stipendiata per non lavorare, impiegata cita il Comune

Maria Grazia Salvi, 47 anni, ha fatto causa per mobbing di PIER GIORGIO RUGGERI

Maria Grazia Salvi alla sua postazione

Maria Grazia Salvi alla sua postazione

Crema, 22 marzo 2016 - «Fatemi lavorare. Da quasi un anno non mi fanno fare nulla, mi mandano richiami, mi pagano senza che io lavori. E non va bene». Lo dice Maria Grazia Salvi, 47 anni, da 10 anni dipendente comunale e da vari mesi in rotta di collisione con il Comune di Crema, che ha già citato in giudizio per mobbing, chiedendo come risarcimento 100mila euro e arrivando anche a candidarsi a sindaco per le prossime elezioni del 2018. La Salvi, da quando è stata trasferita nel suo nuovo ufficio al piano terra, non lavora più. «Devo mettere i punti, le virgole e i punti esclamativi a quanto i consiglieri dicono durante il consiglio comunale. Siamo in due addette a questo lavoro ma a me non è mai arrivato nulla da fare».

Ma è sempre stato così? «No, quando sono arrivata, dieci anni fa grazie a un’assunzione perché iscritta alle categorie protette, controllavo il magazzino degli acquisti. Poi, a causa delle mie patologie, non potevo svolgere una parte del lavoro che mi era stato assegnato. Da lì sono cominciati i problemi».

Quanto prende di stipendio? «Circa mille euro al mese per 25 ore di lavoro settimanale».

Ma non le hanno mai offerto altri lavori? «Sì, parecchi, ma tutti avevano qualcosa che si scontrava con la mia patologia. Quindi per me improponibili».

Lei però ha ricevuto parecchi richiami scritti. «Sì, 15. Dicono che ho la voce alta e tratto male la gente. Poi sono la presidente del Movimento del malato, movimento internazionale che prende le parti di chi non sta bene e spesso viene discriminato e dicono che uso il Comune come ufficio del Movimento».

Ma ci sarà un posto dove vorrebbe lavorare. «Io voglio lavorare. Ho chiesto di andare all’anagrafe, ma mi hanno detto di no perché tratto male le persone e grido».

Ma non si può prendere lo stipendio senza lavorare... «Adesso stanno vedendo di trasferirmi fuori dal Comune, in un ufficio distaccato. Prima i medici dell’Asl verificheranno che il posto sia compatibile con le mie patologie, poi si vedrà. Però voglio garanzie per la mia salute».