
Infermieri verso la Svizzera
Como, 27 giugno 2019 - Difficoltà di assicurare il turnover, specializzazioni e concorrenza della Svizzera che ruba medici e infermieri quando sono già formati. La sanità comasca ha praticamente gli stessi problemi del resto dello Stivale, ma in più deve subire la concorrenza della vicina Confederazione elvetica dove i camici bianchi italiani sono molto ambiti, per la loro formazione eccellente e anche perché parlano italiano un valore aggiunto quando si ha a che fare con pazienti anziani.
«Una volta formati i neolaureati fanno le valigie e vanno all’estero, soprattutto in Svizzera dove gli stipendi sono ben più alti che da noi», spiega Cesare Guanziroli, segretario della Cisl Medici dei Laghi. Basta andare oltreconfine per guadagnare il doppio e anche il triplo, spesso con un carico di ore inferiore. «L’età media dei medici si è alzata insieme al carico di lavoro che è diventato imponente – prosegue Guanziroli – spesso anche per colpa della burocrazia». Secondo l’Ente ospedaliero cantonale del Ticino, in 10 anni il numero degli italiani negli ospedali ticinesi è passato dal 20 al 40%. Non solo, l’Eurispes nel suo ultimo rapporto spiega che negli ultimi 10 anni sono almeno 10mila i medici che hanno lasciato l’Italia per andare all’estero e il 26% di questi giovani medici under 40 ha scelto la Svizzera, superata nel gradimento dei camici bianchi solo dall’Inghilterra dove la percentuale dei medici italiani in fuga arriva al 33%.
«Anche noi subiamo questo fenomeno – spiega Dario Cremonesi, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Como – un centinaio di colleghi ha scelto di lavorare in Svizzera pur continuando ad abitare in provincia di Como». La ragione è solo di natura retributiva: un infermiere in Italia con un contratto part-time guadagna 1.400 euro al mese e in Canton Ticino a parità di ore arriva a 3mila euro, in caso di contratto pieno si possono superare i 5mila. Pensare che le opportunità non mancherebbero anche al di qua dal confine, nei prossimi 10 anni si stima che su scala nazionale saranno 8 milioni gli anziani che soffriranno di una patologia cronica grave e quindi avranno diritto di assistenza continua. «Se oggi ci sono 35 anziani ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio, 63 – conclude Cremonesi –. Ci sarà sempre più bisogno di bravi infermieri qualificati e motivati». E magari anche pagati un po’ meglio per non subire la tentazione di fuggire oltreconfine.