Lipomo, nel centro d’accoglienza per migranti servono nuovi posti: “Impennata di arrivi”

Viaggio nell’hub gestito dalla Croce Rossa nel quale lavorano 5 persone e che accoglie ogni giorno 50 persone

L'Hub di Lipomo

L'Hub di Lipomo

Lipomo (Como) – Dallo sbarco in Italia fino all’arrivo all’hub di prima accoglienza di Lipomo, passano mediamente 24 ore. Tempi strettissimi e un sistema di gestione delle persone ormai perfezionato, che consente di affidare a ogni provincia italiana, un numero di migranti proporzionato alla capacità di gestione e inserimento nei centri di accoglienza.

Da circa un mese a Lipomo, nella sede della Croce Rossa, è stato organizzato il centro di prima accoglienza per migranti: un vero e proprio filtro, coordinato dalla Prefettura, che consente di gestire a livello provinciale gli arrivi delle centinaia di persone che non hanno punti di riferimento, né alcun bene di sussistenza, e di inserirle in una rete in cui ricevono assistenza medica, giuridica, scolastica, abitativa.

"A Como viene assegnato il 7,12 per cento degli arrivi in Lombardia" spiega Gian Luca Vicini, direttore operativo del Comitato della Croce Rossa di Como, che ha gestito l’allestimento del centro. "Questa distribuzione corrisponde a un calcolo rispetto agli abitanti – prosegue – e si traduce in una media che oscilla tra le 8 e 12 persone al giorno destinate a Como, in base al numero di sbarchi".

I migranti arrivano a Bresso (Milano), e qui ogni giorno i responsabili dei diversi hub vanno a prenderli per portarli nei rispettivi centri. Quello di Como è stato realizzato con casette messe a disposizione dall’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, e montate all’interno del capannone, ognuna delle quali ospita quattro brande: essenziali, ordinate, adatte ad accogliere persone a rotazione. Per chi passa di qui, è una collocazione temporanea, quattro o cinque giorni al massimo, in attesa di essere assegnati ai Cas, i centri di accoglienza straordinari, dove ogni migrante può iniziare un percorso più stabile, che parte dalla richiesta di asilo.

“Quando il prefetto di Como, Andrea Polichetti, ha rappresentato la necessità di individuare un luogo idoneo a creare il centro – spiega il sindaco di Lipomo, Alessio Cantaluppi – da parte nostra, come Comune, c’è stata subito la volontà di collaborare e metterci a disposizione per aprire un dialogo utile a trovare una soluzione. Avevamo la sede della Croce Rossa, che si è rivelata idonea, innescando una sinergia tra istituzioni che ha portato a far partire l’allestimento in breve tempo. L’hub è autosufficiente sia dal punto di vista burocratico che economico, ed è gestito con fondi ministeriali". È infatti la Prefettura che ogni giorno riceve comunicazione di arrivi e presenze, e provvede a ricollocare le persone nei Cas.

In quest’ultimo mese, la presenza media giornaliera a Lipomo è di circa 50 persone: uomini soprattutto, qualche donna, occasionalmente anche famiglie e minori solo se accompagnati. Ma è già stata fatta richiesta di mandare altre casette, nella previsione di un aumento di arrivi. "Non siamo ancora ai numeri dell’emergenza 2015, ma ci stiamo avvicinando. Gli arrivi sono costanti, non diminuiscono", prosegue Vicini, che spiega: "Accogliamo persone provenienti da Pakistan e Bengala, tanti dal Burkina Faso a causa della guerra civile, da Costa d’Avorio, Mali e Camerun, pochi dalla Nigeria. Inoltre è in corso un grosso esodo dalla Tunisia, persone di origine africana in fuga. I tempi per raggiungere l’Italia variano, alcuni impiegano un’eternità ad arrivare. Tempo fa abbiamo accolto un migrante di circa 25 anni proveniente dal Pakistan che aveva impiegato 7 anni ad arrivare in Italia. Percorreva un tratto e poi doveva fermarsi mesi per lavorare e raccogliere i soldi necessari a proseguire".

All’hub di Lipomo lavorano 5 persone, dipendenti della Croce Rossa, che garantiscono presenza ventiquattro ore su ventiquattro: un direttore, Riccardo Belotti, un infermiere, un impiegato amministrativo, un mediatore e un medico. "Non possiamo basarci sui volontari, perché quando si gestiscono queste situazioni è necessario avere un preparazione professionale anche dal punto di vista psicologico e comportamentale".

Quando i migranti arrivano nei luoghi degli sbarchi, vengono sottoposti a una prima visita e registrati con le generalità che forniscono al momento, o che hanno su eventuali documenti. All’hub vengono sottoposti a un’ulteriore visita medica e ricevono una cartella sanitaria che li accompagnerà anche negli spostamenti successivi. Gli vengono forniti abiti e un kit di ingresso con gli effetti personali essenziali. Poi iniziano a fare i colloqui con il mediatore, che li introduce alla lingua italiana e li orienta, fornendo le prime informazioni di cui hanno bisogno per iniziare a capire dove si trovano e come funzionerà il loro iter. Nel giro di qualche giorno vengono poi assegnati al Cas, secondo le indicazioni della Prefettura: appartamenti o piccole strutture di accoglienza, distribuite un po’ in tutta la provincia.

La capacità di accoglienza varia, in base a spostamenti e partenze, e per ora è sufficiente ad ammortizzare gli arrivi, ma è sempre un equilibrio precario, che potrebbe saltare davanti all’improvviso aumento dei numeri degli sbarchi.

Infine, tra i tanti problemi a cui prestare attenzione, c’è anche quello della falsificazione degli attestati emessi dalla Croce Rossa, che certificano che la persona è ospitata in un centro, e che possono essere utilizzati per cercare di ottenere documenti regolari: "Per questo – conclude Gian Luca Vicini – periodicamente dobbiamo cambiare la grafica e i caratteri utilizzati".