Il lavoro in un mobilificio in Brianza, una famiglia e una vita tranquilla. Nelle chat su Telegram utilizzate dai pedofili per scambiarsi materiale si presentava come la "travestita Miss Dada", mandava foto di amiche e compagne di scuola del figlio minorenne scattate a loro insaputa, immagini di "altre bambine colte durante le vacanze estive o all’interno di un centro commerciale". Fotografie della figlia dei vicini di casa e del suo datore di lavoro, altre immagini e video ripresi da siti internet sulle "cosiddette baby model". Nelle chat Telegram con altri pedofili il 40enne esplicitava i suoi sogni perversi, si vantava di avere rapporti sessuali completi con la figlia di conoscenti. Dichiarazioni che, scrive il gip di Milano Guido Salvini nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a suo carico, seguita alla convalida dell’arresto in flagranza, "meritano adeguato accertamento" investigativo, per vagliare se si tratti di fantasie o abusi sessuali su minorenni realmente accaduti.
L’insospettabile 40enne è uno dei pedofili finiti al centro di una maxi-inchiesta coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla Polizia postale. Nell’ambito dell’operazione “Seven” oltre 150 agenti del Centro operativo per la sicurezza cibernetica (Cosc) hanno frequentato per mesi sotto copertura Telegram, risalendo a 29 persone che partecipavano a canali e gruppi finalizzati alla produzione e alla condivisione di foto e video contenenti violenze sessuali su minori, bambine e bambini in tenera età e in alcuni casi anche neonati. Tra gli indagati, tutti italiani, anche due appartenenti alle forze armate in servizio nel Lazio e due medici che esercitano la professione in Emilia Romagna e in Veneto. Nell’inchiesta sono coinvolti professionisti, operai, studenti, pensionati, impiegati privati e pubblici e disoccupati, di età compresa tra i 19 e i 69 anni. Per dieci di loro, residenti a Milano, Parma, Imperia, Rovigo, Busto Arsizio, Martinengo (Bergamo) Taranto, Vicenza e Torre Annunziata, sono scattate le manette per il possesso di ingente quantitativo di materiale pedopornografico. Tra loro c’è il dipendente del mobilificio brianzolo che, interrogato ieri, si è avvalso della facoltà di non rispondere.