
Salario minimo in discussione: grande interesse sul confine
Como, 19 agosto 2014 - «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù», cantava Mary Poppins nel classico Disney, ma per trangugiare l’ultimo boccone amaro che gli svizzeri hanno riservato agli italiani occorrerà più di qualche bon bon. Sotto attacco questa volta c’è addirittura il sistema sanitario del Belpaese, sbeffeggiato dalle lobby delle assicurazioni private che il prossimo 28 di settembre temono di veder tramontare il proprio business. I cittadini svizzeri saranno infatti chiamati a esprimersi con un referendum per decidere se autorizzare o meno la cassa malati unica. In un Paese dove la mutua copre solo una parte delle prestazione ospedaliere, una vera e propria rivoluzione. Così, a corto di argomenti, Economiesuisse, Curafutura, le cliniche private svizzere e la Società svizzera dei medici dentisti in Canton Ticino, per convincere i propri connazionali a votare contro la proposta hanno pensato d’indicare come spauracchio il nostro sistema sanitario. «No a una sanità all’italiana», campeggia a lettere giganti sui manifesti, ma è su internet che la campagna contro i «macaronì» prende il volo. Tra spezzoni del «Medico della mutua», dove un affannato Alberto Sordi nei panni del dottor Guido Tersilli rifila ricette e cialtronerie ai malati in fila del suo studio, e citazioni di articoli che denunciano gli scandali della malasanità.
Da Chiasso in su è questa l’immagine, un po’ retrò, degli ospedali italiani. Dimenticando che le cliniche di Lugano da anni fanno incetta di medici e infermieri italiani. «La sanità italiana per i parametri internazionali viene considerata la migliore al mondo - difende il sistema sanitario nazionale Luca Gaffuri, consigliere regionale del Pd e membro della commissione che per conto del Pirellone tratta con la Svizzera -. La sanità italiana è universalistica e si rivolge a tutti, al di là dei redditi e delle capacità economiche delle persone. Il sistema svizzero viene finanziato prevalentemente attraverso assicurazioni private. Questa è, come al solito, una campagna dettata più per parlare alla pancia degli elettori che non sui dati reali. I dati reali dicono che molti cittadini svizzeri usufruiscono anche della sanità lombarda e italiana. In particolare questo avviene su interventi di una certa gravità, che vengono eseguiti negli ospedali di Milano».
Insomma, gli svizzeri quando si tratta di bende e cerotti predicano bene ma razzolano male. «Non mi sembra che la situazione sia così grave, i casi di malasanità ci sono in Italia come in Svizzera - prosegue il consigliere Pd -. Non bisogna dimenticare che in Lombardia abbiamo delle eccellenti università mediche. In Ticino non mi risulta che ci siano corsi del genere». Riflessioni che non serviranno a smorzare i toni della campagna diffamatoria, cavalcata a livello politico da Udc e Lega dei Ticinesi, gli stessi che negli ultimi anni hanno sempre utilizzato l’Italia come catalizzatore del malumore. Anzi, a voler vedere in passato si è fatto anche di peggio. Celebre la campagna «Bala i ratt» dove i frontalieri e i padroncini italiani erano raffigurati come dei ratti famelici pronti a tutto pur di rubare il lavoro agli svizzeri.
Appena sei mesi fa l’Udc era tornata all’attacco con una campagna per richiedere un giro di vite sui permessi di lavoro riservati agli stranieri. In questo caso sui manifesti c’erano finiti gli svizzeri, raffigurati in mutande per colpa della concorrenza italiana. Peccato che a sbugiardare gli esponenti del partito di destra ci avevano pensato i giornali del Canton Ticino, scoprendo che per interpretare i lavoratori svizzeri erano in realtà stati assoldati dei modelli italiani. Insomma, dai tempi di «Pane e cioccolata» dal punto di vista del pregiudizio è cambiato poco o nulla lungo la linea di confine. La dimostrazione la si è avuta il febbraio scorso quando tutta la Svizzera, grazie ai voti determinanti di Canton Ticino e Canton Grigioni, ha deciso di bocciare la libera circolazione delle persone, tornando a un sistema di quote che era in vigore quarant’anni fa. Anche in questo caso Lega dei Ticinesi e partiti di destra avevano cavalcato il diffuso sentimento anti-italiano. Senza considerare che un quarto della forza lavoro del cantone arriva dalle province di Como e Varese.
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