Don Roberto Malgesini ucciso a Como, fatale la ferita al polmone

Prime risposte dall’autopsia sul corpo del “prete degli ultimi”. Il suo assassino ora cambia versione con frasi a effetto

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Como, 18 settembre 2020 - «Non sono stato io a uccidere, non è vero niente, è stato il prefetto". Ieri mattina, davanti al gip Laura De Gregorio, Ridha Mahmoudi, il tunisino di 53 anni arrestato per aver commesso l’omicidio di don Roberto Malgesini, ha inscenato un radicale cambio di rotta rispetto a quanto detto finora. Il giorno del delitto, martedì, si era consegnato ai carabinieri del Comando provinciale, mentre nel tardo pomeriggio, dopo essere stato medicato alla mano, aveva reso una lunga e dettagliata confessione agli investigatori della Squadra Mobile di Como. Ma quando il giudice ha riletto il verbale, chiedendogli se confermava le dichiarazioni già rese, Mahmoudi ha negato tutto, avviandosi verso una nuova versione del complotto ordito nei suoi confronti.

"Non è vero niente", ha insistito davanti alle affermazioni contenute nel verbale di interrogatorio, aggiungendo che la ferita alla mano che si era procurato durante l’accoltellamento del sacerdote, in realtà era stata causata da un ferimento di altra natura, che si sarebbe fatto da solo. Lucido nell’esposizione della sua nuova versione, preciso e dettagliato come era già stato martedì pomeriggio, ha parlato parecchio, rigettando ogni accusa.

«Il giudice ha convalidato l’arresto ed emesso custodia cautelare per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione", dice il suo avvocato, Davide Giudici, assegnato d’ufficio e rimasto al suo fianco a fronte del rifiuto ostinato dell’indagato di nominare un legale di fiducia. In precedenza era stato assistito da altri due avvocati, i fratelli Carlo e Vittorio Rusconi, usciti di scena a fronte delle dichiarazioni rese martedì, quando Mahmoudi ha spiegato che loro erano il suo primo obbiettivo, cercati e aspettati fuori dal Tribunale, senza riuscire a dar corso alle sue intenzioni.

Ora il tunisino dovrà essere trasferito in un’altra struttura carceraria. Detenuto in isolamento obbligatorio per il covid, come ogni altro detenuto che fa il suo ingresso in carcere, ha un’ulteriore e grave causa di incompatibilità con la Casa circondariale comasca: l’aver ucciso una persona che tra quelle mura aveva prestato tanto aiuto, a cui tutti volevano bene. Nel frattempo i primi esiti dell’autopsia svolta mercoledì pomeriggio dal medico legale Giovanni Scola, hanno stabilito che la ferita più grave è stata quella al polmone, una perforazione profonda che il suo aggressore gli ha assestato con un grosso coltello da cucina. Le prime ferite erano state alla nuca e al braccio, mentre si era piegato per appoggiare in auto i sacchetti delle colazioni, poi il sacerdote si è voltato nel tentativo di mettersi in salvo, ed è stato nuovamente colpito.Como, prime risposte dall’autopsia sul corpo del “prete degli ultimi”. Il suo assassino ora cambia versione con frasi a effetto