PAOLA PIOPPI
Cronaca

Agguato di Carugo: non erano killer di professione

Al setaccio le telecamere nella zona tra Carugo e Paderno, dove la Polo è stata incendiata

Gli uomini del Ris di Parma al lavoro nella villetta di Carugo

Carugo, 17 ottobre 2015 - Non erano killer professionjisti, gente mandata per minacciare, ribadire e inasprire un’estorsione, far del male magari, ma non uccidere. Comunque non andati lì con quell’intenzione, seguendo un’azione programmata e premeditata. Ne sono sempre più convinti gli inquirenti che indagano sull’omicidio di Alfio Molteni, l’arredatore di Carugo di 58 anni, ucciso mercoledì sera davanti alla sua abitazione di via Risorgimento. A spingerli in questa direzione ci sono diversi dettagli, che diventano sempre più coerenti man mano che proseguono gli accertamenti. Nella ricostruzione, sono entrati tutti gli errori, le incertezze e le improvvisazioni commesse dagli uomini che hanno aggredito Molteni: certamente più di uno, probabilmente due.

La ricostruzione  di quei pochi attimi in cui la vittima si è trovata faccia a faccia con chi l’avrebbe uccisa, emerge una sequenza improvvisata e quasi rocambolesca, dove al priorità degli aggressori, ad un certo punto è stata solo quella di fuggire velocemente e di procurarsi un mezzo con cui farlo. Si sono trovati davanti la Volkswagen Polo che il figlio di Molteni aveva lasciato in custodia al padre, e con la quale sarebbe dovuto andare a prenderlo in stazione nel giro di pochi minuti. Hanno preso quella, con le chiavi già nel cruscotto, e l’hanno dovuta bruciare a Paderno Dugnano: hanno cancellato le loro impronte digitali e le tracce biologiche, i capelli caduti senza potersene accorgere e la saliva distribuita mentre parlavano e gridavano. Ma hanno lasciato traccia indelebile del loro percorso, in tutte le telecamere in cui sono incappati in quei venti chilometri che separano Carugo da Paderno.

Un altro elemento improvvisato e ingestibile che i carabinieri hanno messo in fila, dopo gli spari esplosi verso il basso non per uccidere, ma che hanno provocato comunque un morto da cui sono dovuti fuggire, e quell’arraffare il primo mezzo a portata di mano per fuggire. Ancora non si sa come sono arrivati fin lì, ma gli inquirenti ci stanno lavorando. Potrebbero essere arrivati a piedi, e pare strano, oppure aver lasciato un’auto nei paraggi, e prima o poi la troveranno. Oppure potrebbe averli accompagnati qualcuno che si è allontanato da solo, quando ha visto la Polo uscire dalla carraia a velocità sostenuta. Anche in quest’ultimo caso, è molto probabile che i carabinieri arrivino a individuare l’auto, una delle poche in circolazione nella deserta Carugo quella sera di pioggia scrosciante e gente seduta a casa a cenare. Nella strada dell’omicidio e in centro paese non ci sono telecamere, ma allargando il raggio di osservazione qualcosa si trova, tra impianti pubblici e privati. È solo questione di avere un po’ di pazienza, e di incrociare i dati.