Casinò di Campione, la ripresa c’è: ora la minaccia è il super franco

Con una stima di 700 giocatori al giorno, dalla riapertura è raddoppiata la riserva destinata ai creditori. Il rinforzo della valuta elvetica è una spina nel fianco

Il sindaco Roberto Canesi con l’amministratore unico Marco Ambrosini

Il sindaco Roberto Canesi con l’amministratore unico Marco Ambrosini

Campione d'Italia (Como) -  Quando ha riaperto , il 26 gennaio scorso dopo tre anni e mezzo di chiusura e un fallimento ribaltato solo grazie al ricorso in Cassazione, a tener banco sulle prime pagine dei giornali c’erano l’emergenza Covid e la speranza di un ritorno alla normalità grazie al vaccino. Adesso alla pandemia si è aggiunta la guerra ma chi viene a Campione le sue preghiere preferisce continuare a rivolgerle alla fortuna anziché alla pace. Non è cinismo, ma l’incoscienza o forse la saggezza del giocatore che contando sulla propria buona sorte ha imparato ad attendersi pochissimo dagli altri. Così mentre oggi e domani sull’altra sponda del lago, a Lugano, i big del mondo discuteranno di come ricostruire l’Ucraina nell’exclave italiana si giocherà a black jack, poker e punto banco sulla terrazza affacciata sul Ceresio, ascoltando musica e sorseggiando cocktail in clima molto James Bond che però ai clienti di Campione piace sempre.

Del resto è grazie a loro se in questi primi sei mesi la casa da gioco è riuscita a raddoppiare la propria riserva, da 5 a 10 milioni di franchi (quasi dieci milioni di euro), a tutela dei creditori che hanno aderito al concordato preventivo. La conferma è arrivata nei giorni scorsi di fronte ai giudici del Tribunale di Como che hanno certificato come i dati sul bilancio in questi primi mesi di apertura siano "in linea con le attese".

Certo il casinò è ancora in rodaggio e anche se molti clienti sono tornati – per ora la casa da gioco non fornisce numeri ufficiali, ma si parla di una media di 700 giocatori ogni giorno che aumentano durante il week-end – in tanti continuano a frequentare i casinò di Lugano e Mendrisio che hanno ridotto ingressi e utili, ma non hanno subito una débâcle dopo la riapertura di Campione. Per fortuna l’amministratore unico Marco Ambrosini aveva predisposto un piano di rientro basato molto sui tagli, non solo il personale ma anche stipendi e soprattutto i trasferimenti al Comune, e poco sulla fortuna. Questo ha permesso alla casa da gioco di tornare a macinare utili nonostante il ritorno del super franco, quello sì una iattura, che spinto dai venti di guerra e dall’incertezza dei mercati internazionali è arrivato a cambiare alla pari con l’euro, come non accadeva dal 2015 quando iniziarono i guai di Campione.

Il casinò infatti incassa in euro e paga le sue fatture e, soprattutto, gli stipendi in franchi. Questa volta, tuttavia, a fine mese non ci sono più da staccare 492 assegni ma “solo“ 174 e tra l’altro ritoccati verso il basso visto che oggi a Campione d’Italia i croupier guadagnano quanto i loro colleghi svizzeri.

Soprattutto però a fare la differenza a favore della casa da gioco è il taglio degli emolumenti da riconoscere al Comune: dal 2006 al 2018 la società ha versato alle casse pubbliche qualcosa come 577 milioni di franchi, con un contributo medio annuo di 44 milioni e mezzo, in pratica una Finanziaria. Adesso in virtù dei nuovi accordi i trasferimenti sono stati ridotti a 500mila euro nel 2022, 1 milione nel 2023, 1,5 milioni nel 2024, 2 milioni nel 205 e 2,5 milioni nel 2026. Questa volta anche il super franco non riuscirà a mandare k.o. Campione.