PAOLA PIOPPI
Cronaca

Armi, droga, estorsioni. I nuovi “manager” protetti dai vecchi dell’inchiesta Infinito

Erba, la nuova tendenza emersa dall’ultima raffica di arresti: tenere bassi i conflitti a scapito anche di guadagni. Tanto c’è spazio.

Armi, droga, estorsioni. I nuovi “manager” protetti dai vecchi dell’inchiesta Infinito

Armi, droga, estorsioni. I nuovi “manager” protetti dai vecchi dell’inchiesta Infinito

Il richiamo alle famiglie di ‘ndrangheta e all’appartenenza a un contesto criminale e sociale ritenuto autorevole, si ripropone continuamente in quattro anni di indagini condotte dalla Squadra Mobile di Como e dalla Sco, che ha portato ieri 25 persone in carcere e 5 ai domiciliari, per una quantità di reati anche associativi. A partire dal traffico di droga che, ancora oggi, costituisce una base irrinunciabile per alimentare incalcolabili indotti economici, ma non solo. "Il metodo e le finalità con cui vengono gestiti i traffici di droga fanno la differenza – ha spiegato Vincenzo Nicolì, direttore del Servizio Centrale Operativo –. Il territorio non è più un luogo esclusivo, e più realtà possono ormai convivere. Il mercato si è evoluto perché la richiesta è talmente alta da garantire a tutti uno spazio. Ma per gli stranieri, lo spaccio di droga ha un unico fine: guadagnare. Diverso è per gli italiani, appartenenti a contesti di criminalità organizzata, per i quali lo smercio di stupefacenti ha un fine ulteriore: rendersi visibili sul territorio, essere dei punti di riferimento anche per altre necessità".

Questa modalità diventa così, come ha dimostrato anche quest’ultima indagine, una caratteristica che si aggiunge ad altre condotte tipiche: per esempio, il pagamento di "stipendi" a collaboratori fissi, come faceva uno dei principali arrestati, Vincenzo Milazzo, 38 anni di Canzo, dotato, da un lato di una mentalità imprenditoriale che gli consentiva di gestire dieci "dipendenti", a cui garantiva entrate fisse in base alla produttività e mutuo soccorso in caso di arresto. Dall’altro di un inscalfibile senso di appartenenza alla struttura ‘ndranghetista, rispettoso di ruoli e autorità. Come quella di Luigi Vona, 71 anni e lunghe carcerazioni associative alle spalle.

Fondamentale, in queste dinamiche, è anche la disponibilità di armi, che consentono di esercitare un ulteriore potere e di minacciare ritorsioni ancora più efficaci. "Ad oggi – ha aggiunto Nicolì – a livello nazionale abbiamo sequestrato più armi che in tutto lo scorso anno". Caratteristiche di un brand che si sta spostando, nelle sue attività più tipiche, verso qualunque contesto consenta di infiltrarsi per garantirsi guadagni, soprattutto al Nord: false fatturazioni, riciclaggio di denaro, creazione di società fittizie, ottenimento di finanziamenti pubblici, soprattutto destinati alle imprese. Tuttavia, le infiltrazioni nel tessuto economico, anche in caso di usura ed estorsioni, non hanno restituito nessuna richiesta di aiuto o denuncia: "Speriamo sempre – ha detto il Questore di Como, Marco Calì – che queste operazioni servano a stimolare la parte sana della società, e a capire che rivolgendosi a noi, aumenta la possibilità di tutela".