
Francesca Corradini curatrice del report dell’indagine promosso dal Centro di Ricerca Relational Social Work dell’Università Cattolica
Brescia, 21 febbraio 2025 – Una violenza che non ha numeri, leggi dedicate, protocolli per permettere un intervento coordinato. È la violenza contro adulti e anziani fragili, fenomeno sempre più diffuso ma che resta nascosto tra le mura di casa, difficile da intercettare perché si nasconde sotto la veste della violenza psicologica ed economica, ma anche perché chi la subisce vive la condizione di non autosufficienza come un peso, al punto da pensare di “meritare“ insulti, comportamenti trascuranti o maltrattamenti fisici.
A portare alla luce un mondo complesso, rimasto nascosto, è la ricerca “Violenza contro adulti e anziani fragili nei territori bresciani: come la affrontano i servizi sociali“, promossa dal Centro di Ricerca Relational Social Work dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (la sede di Brescia ha finanziato il lavoro).
“I risultati della ricerca – spiega Francesca Corradini, che ha curato il report con Elena Cabiati – hanno restituito un quadro complesso, in cui è evidente come le situazioni di violenza, nella maggior parte dei casi, avvengano all’interno di relazioni familiari di cura, in cui le necessità della persona non autosufficiente si intrecciano con problematiche personali dei familiari caregiver”.
Gli unici dati disponibili sono quelli dell’Oms (2022), secondo cui una persona anziana su sei ogni anno sperimenta una qualche forma di violenza; fra quelle che risiedono in struttura, il dato scende a 1 su 3. In Italia mancano i dati ma anche una normativa specifica e servizi dedicati alla protezione di persone adulte o anziane fragili che subiscono violenza. Questa lacuna è vissuta come una grave difficoltà dagli operatori dei servizi sociali, come emerso dalle interviste a 49 assistenti sociali, che hanno riportato almeno un caso di violenza subita da persone anziane o adulti con disabilità di cui si sono occupate. “L’assenza di disposizioni specifiche e di percorsi strutturati alimenta l’invisibilità e la fatica da parte dei professionisti nel riconoscerlo e nell’intervenire – spiega Corradini –. Dalle interviste e dai focus group emerge chiaramente come le indicazioni procedurali a disposizione degli assistenti sociali siano solo quelle relative all’obbligo di denuncia, che tuttavia non esaurisce tutte le fattispecie che gli operatori incontrano. Anche l’assenza di protocolli e indicazioni operative comporta una maggiore difficoltà nel coinvolgimento di altri servizi, soprattutto quelli sanitari”.
Quali sono le forme di violenza più diffuse? “Nelle situazioni descritte si intrecciano diverse forme. Spesso c’è violenza psicologica, incuria, ma anche raggiri e uso distorto dei beni della persona anziana o con disabilità, per cui la persona avrebbe bisogno di un servizio, ma chi la accudisce rifiuta per non spendere i soldi”.